"Come già nell'enorme "Moby Dick" - scriveva Pavese nel 1940 - anche nel breve e perfetto "Benito Cereno" il mare è assai più che un ambiente: è il volto visibile, infinitamente ricco d'analogie, dell'arcana realtà delle cose. E ciò è vero non soltanto nel senso che, facendosi poesia, qualunque ambiente perde la sua limitatezza documentaria e diventa creazione fantastica, ma nel senso, più raro, che il mare è qui la sola forma sensibile che agli occhi di Melville possa degnamente incarnare il cupo e ironico nocciolo demoniaco dell'universo...