Alla conclusione del nostro lavoro di editing di questo numero dell'Annata abbiamo constatato con sorpresa che da tutti questi lavori emergeva un comune tema di ricerca, anche se ciascun autore segue una propria linea di pensiero. Il tema comune si può riassumere come la ridefinizione del concetto di controtransfert alla luce della ridefinizione di inconscio. Ci siamo perciò interrogati se questa evenienza possa essere vista come l'inevitabile constatazione che il mondo della psicoanalisi funziona come qualunque altro campo scientifico: seppure con linguaggi diversi e in contesti culturali differenti, ad un certo punto un tema comincia ad emergere come il punto di riflessione di maggiore interesse per arrivare ad una più chiara ed evidente definizione del proprio oggetto di studi: l'inconscio appunto e la sua declinazione all'interno delle relazioni umane.
Gli autori prestano grande attenzione a due flussi comunicativi messi spesso in ombra dal linguaggio: quello delle emozioni e quello del corpo. Fin dagli albori della terapia sistemica alcuni pionieri utilizzavano stimoli attivi in seduta per far emergere le informazioni nascoste dalle parole. Partendo da questo approccio, Fino e Penna hanno fatto confluire nella loro clinica altri stimoli interattivi, elaborati nell'ambito della psicotraumatologia e delle neuroscienze, per promuovere una connessione profonda tra le coppie e un'integrazione tra i piani cognitivi, emotivi e corporei. Il processo di cambiamento viene accelerato anche grazie alla profondità del livello di consapevolezza, tramite una conduzione che passa agilmente da un piano comunicativo all'altro. Un libro incentrato sull'azione terapeutica e sull'attivazione delle coppie durante le sedute e che si snoda seguendo le varie fasi del percorso terapeutico, mantenendo sullo sfondo un solido, ma non ingombrante, riferimento teorico.
Marta Badoni attinge a una lunga esperienza con pazienti e allievi per raccontare il proprio modo di intendere la psicoanalisi. L'autrice introduce gradualmente il lettore nella stanza d'analisi e nella conduzione della seduta: i pazienti chiedono di essere intesi. Sono bambini, adolescenti o adulti che si mettono in gioco e che mettono in gioco i rispettivi assetti familiari, persone avvolte in spirali di sofferenza che per essere sbrogliate hanno bisogno del gesto antico di porgere le braccia per giocare a dipanare la matassa. Indispensabile per chi è agli inizi, questo libro schietto e vivo, che coniuga trasparenza di scrittura e profondità di pensiero, sapienza e sguardo ingenuo, sarà utilissimo ad analisti e psicoterapeuti e piacerà ai lettori curiosi di quel gioco serio e sempre nuovo che è la psicoanalisi.
Il volume elabora i fondamenti di una psicologia dello sviluppo ispirata alla matrice epistemologica batesoniana. La teoria presentata, articolata in nove tesi, si propone come ponte necessario fra "l'ecologia della mente" e le pratiche professionali (psicologica, pedagogica, psicoterapeutica, riabilitativa, medica). Un ponte epistemologicamente coerente e pertanto professionalmente utile. Permettendo così alle implicazioni pratiche, etiche e politiche di un'epistemologia connettiva, di poter essere incarnate nei processi interattivi relativi a quelle professioni. Si tratta di un'impresa necessaria che contribuisce inoltre all'obiettivo, più ampio e generale, dell'affermarsi di un'epistemologia connettiva, meno sbagliata, stupida e dannosa di quella dominante.
Il presente Trattato delle garanzie nelle comunicazioni si propone di dotare professionisti e studiosi di uno strumento sistematico che raccoglie tutta la disciplina rientrante nel perimetro operativo dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), quindi le sue molteplici competenze, analizzate alla luce delle rilevanti novità normative europee e nazionali e dei più recenti orientamenti giurisprudenziali e dottrinali. Nell'alveo di un profondo ripensamento degli equilibri istituzionali, l'AGCOM è chiamata a confermare la sua capacità di interpretare al meglio la posizione di terzietà e di autorevolezza tecnica, assicurando la corretta competizione degli operatori nei settori vigilati (dalle comunicazioni elettroniche all'audiovisivo, dall'editoria ai servizi postali, sino alle piattaforme on line), nonché a garantire alcuni diritti e libertà fondamentali (tra cui il pluralismo all'accesso, la tutela dei minori e dei consumatori). Inoltre l'Autorità deve fronteggiare la sfida dell'innovazione, per tenere il passo dell'evoluzione tecnologica e del tecnicismo dei settori vigilati. Il Trattato offre un quadro completo del contesto normativo e regolamentare di riferimento, che ha subito di recente notevoli mutamenti, tra cui il recepimento del nuovo Codice europeo delle comunicazioni elettroniche, quindi, della nuova direttiva sui Servizi di Media Audiovisivi e Radiofonici (attraverso il nuovo TUSMA) e della direttiva Copyright, il varo del Digital Services Package, comprendente i nuovi regolamenti europei destinati a regolare i servizi e i mercati digitali, ovvero il Digital Services Act (DSA, Reg. UE 2022/2065), il Digital Markets Act (DMA, Reg. UE 2022/1925), nonché del Data Governance Act (DGA, Regolamento (UE) 2022/868). In tale ottica, l'Opera si articola in tredici parti: Parte I, di carattere generale sulle comunicazioni nell'ordinamento europeo e nazionale; Parte II, dedicata all'analisi delle funzioni AGCOM in relazione ai mercati, tra cui quello delle comunicazioni elettroniche, nonché i mercati media; Parte III, sulle questioni connesse alle reti; Parti IV e V, che si concentrano sui servizi media e servizi postali; Parte VI, sul data valuation e della regolazione dei settori digitali; Parte VII, focalizzata sugli strumenti a tutela dei consumatori; Parte VIII relativa al diritto d'autore; Parte IX, sui profili concernenti il sindacato giurisdizionale; Parte X, dedicata alla disciplina del golden power; Parte XI, incentrata sulla privacy, in particolare sul Reg. UE E-Privacy; Parti XII e XIII sugli oneri al funzionamento di AGCOM e Registro unico degli operatori di comunicazione. Completa l'opera un Indice analitico dettagliato, al fine di orientarsi e rintracciare agevolmente l'argomento di specifico interesse all'interno di una trama così complessa.
L'opera raccoglie le massime relative ad ogni articolo del Codice Civile e per tale motivo è ammessa in sede di esame di abilitazione alle professioni forensi. Le suddette pronunce sono selezionate e ordinate con una tale cura da diventare un vero e proprio commento ragionato, in pieno e consueto stile 'Breviaria Iuris". I commenti sono suddivisi in 'paragrafi' (elencati nel sommario inserito subito dopo il testo normativo) che danno immediata raffigurazione degli orientamenti giurisprudenziali attraverso l'individuazione dei "temi" più importanti e specifici che sono poi sviluppati nel commento a seguire (su doppia colonna). Ognuno di questi "temi" è composto da più unità di commento, visibili con un pallino nero numerato. La singola unità di commento è formata da una o anche più massime, sempre indicate con gli estremi di anno e numero (es. 05/12345), che grazie alla precisione e cura con cui sono ordinate aiutano il candidato nel ragionamento. All'interno di tali commenti è fatto uso di segni grafici assai importanti per velocizzare la ricerca e la comprensione: l'indicazione dei contrasti, delle pronunce delle Sezioni Unite, nonché, per un'agevolata lettura delle decisioni che conduca ad un rapido esame del loro contenuto, si è fatto ricorso ai consueti accorgimenti espressivi, i c.d. neretti orientativi, messi con attenzione sulle parole-chiave in modo tale da riproporre un periodo di senso compiuto. In tutto il commento al Codice Civile è contenuta un'accurata selezione della giurisprudenza, provvedendo alla sostituzione della 'vecchia' con quella più recente. Gli autori hanno tenuto conto di tutte le novità normative che hanno modificato gli articoli del Codice Civile. In tali casi, laddove siano intervenute modifiche legislative, sarà presente il primissimo paragrafo di commento intitolato "Modifiche legislative" che darà conto delle nuove disposizioni entrate in vigore.
L'idea di dare vita a un trattato di diritto costituzionale muove dalla considerazione di un vuoto significativo nel panorama editoriale italiano, passato e presente, dato dalla mancanza di una trattazione della nostra comune disciplina, che sia, ad un tempo, sistematica, scientificamente rigorosa e destinata ad un ampio pubblico di lettori (...)
La speciale disciplina del procedimento davanti al giudice di pace - contenuta nel Titolo II del Libro I del codice ed oggetto di questo volume del Commentario - delinea un rito fortemente ispirato ai principi di oralità e concentrazione, e soprattutto molto semplificato rispetto a quello che regola il processo ordinario di cognizione che si svolge dinanzi al tribunale. Come affermato dalla Corte costituzionale, il procedimento davanti al giudice di pace è anzi connotato dalla «massima semplificazione delle forme», e per esso il legislatore ha dettato una disciplina del tutto peculiare, in ragione della «diversità ontologica» di tale rito rispetto a quello ordinario. Detta semplificazione risponde in primo luogo alle esigenze proprie dell'amministrazione della c.d. «giustizia minore», tradizionalmente affidata al giudice onorario. Basti pensare al contenuto semplificato dell'atto introduttivo, alla possibilità di proporre la domanda anche verbalmente, o alla libertà di forme prevista per la costituzione in giudizio: sono questi esempi di disposizioni ereditate dal giudice conciliatore, volte a rendere effettiva la facoltà per le parti di stare in giudizio senza il patrocinio di un difensore. In realtà, l'ambito delle competenze civili attribuite al giudice di pace supera di gran lunga i confini della giustizia minore; non per questo, però, può trascurarsi l'importanza di una normativa processuale adeguata alle controversie di modesta entità: tale cioè da assicurare anche agli small claims un'effettiva possibilità di accesso alla giurisdizione, senza che possa in contrario invocarsi l'alibi rappresentato dalle procedure di ADR. Prendendo le mosse da queste considerazioni, il volume analizza tutte le fasi del giudizio davanti al giudice di pace, affrontando i numerosi problemi applicativi originati da una disciplina assai scarna e spesso bisognosa di essere integrata attraverso le norme del processo ordinario. Particolare attenzione è inoltre rivolta al più generale quadro evolutivo della materia, ovvero alle novità introdotte sia dalla riforma della magistratura onoraria, sia dalla recente legge delega 206/2021, di riforma del processo civile.
"La piccola conformista" è un romanzo quasi completamente affidato alla voce di un personaggio. Basta sfogliare qualche pagina, leggere le prime righe, ed eccola lì l'eroina della storia, Esther Dahan. Comica, senza freni inibitori, tagliente, forse indimenticabile. Esther è una bambina intimamente conservatrice, si autodefinisce «di destra» e si è trovata a crescere in una famiglia di sinistra negli anni Settanta a Marsiglia. Da irriducibile reazionaria sogna l'ordine, il rispetto delle regole, i «vestitini blu» delle brave ragazze cattoliche, desidera una vita inquadrata dalla normalità. In casa sua, a parte lei, tutti sono eccentrici, girano nudi, si lanciano piatti quando litigano, rifuggono regole e comportamenti conformisti, perbenisti, benpensanti. La madre, atea, anticapitalista e sessantottina, lavora come segretaria al municipio. Il padre è un ebreo francese nato in Algeria, ed esorcizza l'ansia di un prossimo olocausto stilando liste maniacali di compiti da svolgere. Si aggiungono poi un fratello minore iperattivo e i nonni paterni, che vivono nel ricordo nostalgico del glorioso passato nell'Algeria francese e trascorrono le giornate giocando alla roulette con i ceci, che serviranno poi a cucinare il cuscus domenicale. L'esistenza di Esther subisce una svolta quando i genitori, imprigionati nelle loro contraddizioni, decidono inspiegabilmente di mandarla in pasto al nemico, ossia in una scuola cattolica nel quartiere più borghese di tutta Marsiglia. Esther trova forse il suo paradiso personale, osserva e riflette sullo stile di vita dei genitori, dei nonni, delle compagne così diverse da lei, fin quando un segreto custodito a lungo metterà tutto in discussione. La comicità può raccontare anche gli aspetti più oscuri degli individui, l'ironia e la lucidità possono sondare il mistero della felicità e del dolore. In questo romanzo il desiderio di voler essere come tutti gli altri fa esplodere ogni logica parentale e ogni lessico familiare, e la quotidiana follia e normalità di una famiglia diventano lo strumento di un'appassionata ricerca di vita e di verità, con un sorriso a rischiarare il buio.
Oltre al suo lavoro di poliziotto, l'agente capo James O'Connor non ha molto altro da perdere: sua moglie è morta e lui ha dovuto lasciare Dublino per fuggire dal dolore e dalla dipendenza dall'alcol. Ora è un irlandese al servizio degli inglesi, e questo significa convivere con il disprezzo dei colleghi e la tirannia dei superiori. E significa anche indagare tra i suoi connazionali. O'Connor può infatti contare su una rete di informatori fidati all'interno della Fratellanza feniana, la società segreta determinata a rovesciare il dominio britannico. Dopo l'impiccagione di tre feniani accusati di aver ucciso un poliziotto, in città la tensione tra inglesi e irlandesi sale ogni giorno di più. E la situazione precipita con l'arrivo di Stephen Doyle, uno spietato ex soldato appena sbarcato da New York. Doyle è partito dall'Irlanda tanti anni prima, ma le è sempre rimasto fedele ed è disposto a tutto per difendere la causa feniana. Anche a uccidere. A fare per primo le spese della sua sete di violenza è Thomas Flanagan, un giovane informatore. Il ragazzo viene brutalmente giustiziato e la caccia a Doyle diventa una questione privata per il detective. Quando poi Michael Sullivan, il suo nipote ventenne appena arrivato dagli Stati Uniti, viene reclutato dalla polizia per infiltrarsi nella Fratellanza, il destino di O'Connor si stringe a quello di Doyle in un inestricabile nodo di vendetta e morte...
Il passato del detective Dane Kirby è popolato di fantasmi: ha perso moglie e figlia in un incidente che non riesce a perdonarsi, e a distanza di anni fatica a rimettersi in sesto. Quando l'Fbi inizia a indagare sulla morte di Arnie Blackwell, un criminale con il vizio del gioco brutalmente assassinato in Florida, Dane viene chiamato ad affiancare l'agente Roselita Velasquez, che non sembra gradire l'intrusione del nuovo collega. Eppure Dane è l'uomo chiave per il caso: tutti gli indizi portano a un grande combattimento di galli organizzato a Hard Cash Valley, in Georgia del Nord, e solo lui, con l'aiuto degli amici di sempre, sa aggirare le tacite norme che regolano i territori di Bull Mountain. Quando al delitto si aggiunge la scomparsa di William, il fratellino di Arnie, affetto dalla sindrome di Asperger, Dane e Roselita iniziano un'impietosa caccia all'uomo, tra agenti corrotti e killer senza scrupoli. Dopo "Bull Mountain" e "Come leoni", Brian Panowich torna con un romanzo costruito come un'incalzante corsa contro il tempo; e ci consegna un nuovo protagonista, disposto ad affrontare i suoi demoni in nome dell'amore e di una giustizia non dettata dalle leggi, ma da un più potente ideale di umanità e fiducia.
Giulia Ricci è una donna in carriera, una carriera che sta per finire. Messa all'angolo da un capo ottuso, decide finalmente di mollare tutto e andare contro quella corrente che giorno dopo giorno sembra trascinarla sempre più lontano da quel che davvero sente dentro di sé. Inaspettata, la vacanza in barca in una piccola isola del Tirreno le offre un'occasione per ricominciare, lasciandosi affascinare da quel piccolo angolo di paradiso per coltivare la passione per il mare e la subacquea. Finché, durante un'immersione, il ritrovamento casuale di un misterioso relitto non minaccerà di sconvolgere il suo nuovo fragile equilibrio, catapultandola d'improvviso in una caccia al tesoro senza fiato, nella quale dovrà fare i conti con uomini disposti a tutto e interessi molto più grandi di lei. E Giulia, affiancata da un'indimenticabile squadra di amici, nel desiderio di trovare finalmente la propria onda non potrà che accettare la sfida, provando a risolvere quell'enigma di secoli fa, sepolto forse per sempre sott'acqua.
Huckleberry Finn è diventato grande; ha abbandonato da tempo la vita civile vissuta da ragazzo e insieme a Tom Sawyer si è avventurato nel Far West, dove le regole non esistono. Insieme, cavalcano sulle rotte del Pony Express, mentre attorno a loro divampa la Guerra di secessione. Ma ben presto Tom capisce di non voler fuggire dalla civiltà: sposa la sua antica fidanzata Becky Thatcher e torna a Est per inseguire potere e successo. Huck rimane solo: doma cavalli selvaggi, guida carovane di fanatici religiosi, diventa amico dell'indiano Eeteh che gli racconta le storie dei Grandi Spiriti. Sotto i suoi occhi, l'America moderna nasce e si impone con la violenza e con l'inganno, pagando il progresso con il sangue dei nativi e dei neri, non più schiavi ma non ancora liberi. Robert Coover si confronta con una figura chiave della letteratura mondiale: Huck è disincantato ma ancora innocente, affronta la vita senza pregiudizi e senza filtri. Al contrario di Tom, che conosce il potere e ne ha imparato ogni astuzia, vede la verità oltre le parole e porta alla luce le profonde contraddizioni del sogno americano. Denso di poesia, esilarante e a tratti crudele, "Huck Finn nel West" è un romanzo d'avventura e insieme la storia stessa dell'America contemporanea; e parla a quella parte di noi che si nutre di miti, che li inventa continuamente, e attraverso la narrazione riscopre e plasma la propria vita.
Nata su una barca, con la particolarità di avere sei dita per zampa, separata molto presto dal resto della cucciolata, questa piccola gatta è un dono del capitano Stanley al suo buon amico Ernest. Lui, da quel giorno, dalla sua piccola Biancaneve - l'ormai celebre Snow White - non si separa quasi mai, la porta persino a pesca. E lei è l'unica ad avere il privilegio di entrare nel suo studio mentre lavora alla macchina da scrivere. Vorrebbe addirittura portarla con sé nei suoi viaggi, ma la gatta preferisce aspettarne il ritorno e intanto andare al porto a cercare il resto della famiglia di cui sente la mancanza. Dopo mesi, al ritorno dal suo lungo giro per il mondo, c'è una vera sorpresa per Biancaneve... Una storia così bella da meritare di essere vera. Età di lettura: da 6 anni.
Il piccolo Luigi è nato in Calabria, terzo figlio di una famiglia di poverissimi pescatori. La pancia spesso vuota, ma il cuore pieno di amore per i fratelli e i genitori, Gigino ha sempre saputo di essere il terzo dito della mano, quello più lungo, che deve sostenere tutti gli altri. Per questo a soli sedici anni lascia l'Italia per lavorare. Non è un'esistenza facile quella dell'emigrato, ma un giorno Gigino incontra una donna che riconosce in lui grandi potenzialità, una donna che cambierà la sua vita per sempre e che farà di lui il suo assistente di laboratorio. Quella piccola signora dalla volontà indomita e dal piglio di principessa è Rita Levi Montalcini, una grandissima scienziata che nel 1986, dopo una luminosa carriera universitaria e di ricerca tra gli Stati Uniti e l'Italia, ha vinto il Nobel per la Medicina. La sua è stata una vita straordinaria, e Gigino la racconta dal punto di vista privilegiato di chi l'ha potuta seguire dà vicino, lavorando al fianco della studiosa e accompagnandola attraverso le incredibili scoperte che hanno rivoluzionato il mondo della ricerca scientifica. Ispirandosi a una storia vera, Luigi Garlando dà vita a un romanzo sull'impegno e la forza di volontà che, con la sua delicatezza e poesia, riesce a toccare il cuore di ciascuno di noi. Età di lettura: da 10 anni.
Il piccolo Ulf si perde sempre. Per questo suo padre gli ha proibito di andare a vedere la Grande gara in bicicletta che attraversa la città. Ma una volta rimasto solo a casa, Ulf sfoglia i fumetti dei supereroi e si accorge di avere anche lui una tuta stretta come la loro: il suo pigiama rosso! Basta indossarlo e infilare il caschetto da hockey, ed ecco Super Ulf, il bambino portentoso, capace di sfrecciare in cielo in sella alla sua bici e di vincere ogni sfida. In poche pedalate Super Ulf varca il cancello e si ritrova proprio tra i ciclisti in corsa, allontanandosi sempre più da casa. Riusciranno i suoi superpoteri a evitargli di perdersi come sempre? In una nuova divertente avventura, il piccolo Ulf ricorre a tutta la sua fantasia per scendere a compromessi con il più difficile dei compiti: ubbidire a mamma e papà. Età di lettura: da 7 anni.
C'è una strada un po' inesperta che non sa dove andare. Si piega in grosse curve, salta su ponti alti, si fa stretta e poi si allarga per non disturbare nessuno. Ma poi tutti cominciano a chiederle di andare di qua e di là, di su e di giù e la strada è stremata! Sta per fermarsi, quando incontra un bambino che è proprio come lei. La strada e il piccolo non conoscono ancora la loro direzione, ma adesso possono cercarla insieme. Età di lettura: da 4 anni.
Figlio del capitano Robert Baines, autoritario veterano della Seconda guerra mondiale ora di stanza in Nord Africa, e di sua moglie Rosalind, Roland fatica a capire perché a soli undici anni gli tocchi lasciare le pietre calde e la pazza libertà di Libia, e il fianco tiepido di sua madre, per affrontare un'istruzione rigorosa e solitaria nella fredda Inghilterra. Là faticherà a capire che cosa voglia da lui Miss Miriam Cornell, la temibile insegnante di pianoforte del collegio, che punisce le sue manchevolezze con pizzicotti dolorosi e imbarazzanti e premia i suoi successi con languidi baci sulla bocca, e con gli uni e gli altri in egual misura lo terrorizza e lo attrae. Sarà poi la sua moglie anglotedesca Alissa a confonderlo e straziarlo quando, a pochi mesi dalla nascita del loro bambino Lawrence, abbandonerà marito e figlio al loro destino senza una spiegazione. Roland passerà il resto della vita a interrogarsi su di sé e sulla «natura del danno» che le tre donne - madre, insegnante, moglie - gli hanno procurato. Chi è davvero Roland Baines? Il giovane prodigio del pianoforte il cui straordinario talento è stato frustrato dai soprusi di un'insegnante, o l'indolente pianista di pianobar che ha rinunciato alle sue ambizioni per pavidità? È il figlio di genitori intransigenti ma amorevoli, o il fratello di bambini come lui defraudati dei loro diritti da una madre degenere? È il marito di una donna spietata che immola gli affetti più cari alla sua arte, o è il soffocante groviglio di bisogni che l'ha costretta alla fuga? L'aspirante scrittore amante della grande letteratura, o il ladro di frasi altrui con cui confezionare biglietti per ricorrenze a pagamento? Il padre premuroso e sempre presente, o l'ostaggio imprigionato in una paternità accollata? È il bambino vittima di abusi o il giovane «incline all'intimità» e alla felicità dei sensi? È tutte queste cose insieme, forse, essere poliedrico come il secolo che la sua vita attraversa? Dalla Crisi dei missili di Cuba alla caduta del Muro di Berlino, dalla glasnost al thatcherismo, dall'invasione dell'Iraq alla pandemia da Covid, Roland pare fluttuare da un'esperienza alla successiva a motore spento, sospinto dalla sola forza dei venti. Ma strada facendo qualche lezione la impara, se alla fine di tutto può approdare a una nuova curiosità d'amore, portato dalla mano piccola di una bambina in cui depositare una lunga eredità.
Tutti lo sanno: Antoine de Saint-Exupéry ha scritto "Il piccolo principe", uno dei romanzi più popolari del mondo. Quello che tutti non sanno è che Antoine, famigliarmente Tonio, è un personaggio che vale da solo una grande storia. Ed è la storia che Romana Petri ha scritto con la febbre e la furia di chi si lascia catturare da un carattere e lo fa suo, anzi lo ruba, tanto che il documento prende più che spesso la forma dell'immaginazione. Orfano di padre, Tonio vive un'infanzia felice nel castello di Saint-Maurice-de-Rémens, amato, celebrato, avviluppato al mostruoso quasi ossessivo amore per la madre; un'infanzia che gli resta incollata all'anima per tutta la vita, fin da quando, straziato, vede morire il fratello più giovane. L'infanzia lo tallona come un destino quando, esaltato, comincia a volare, pilota civile e pilota militare, quando si innamora tanto e tante volte, quando si trasferisce in America, quando scrive, persino quando si schiera e sceglie di combattere per un'idea di Francia che forse è sua e solo sua. Dove sia andato Tonio, non sappiamo, nei cieli in fiamme del 1944. Sappiamo che ci ha lasciato le stelle della notte, il sogno di una meraviglia che non si è mai consumata, il bambino che lui ci invita a riconoscere eterno dentro di noi. Romana Petri costruisce e decostruisce, sgretola le regole della biografia, evoca e racconta amori, amicizie e sgomenti come dettagli di un appetito d'avventura mai sazio, si muove fra le date e dentro la Storia alla sola ricerca del principe che ha sconfitto la notte ed è entrato volando nell'infinito.
Scandito in tre parti - «Le vittime», «Gli imputati», «La corte» -, V13 raccoglie, rielaborati e accresciuti, gli articoli (apparsi a cadenza settimanale sui principali quotidiani europei) in cui Emmanuel Carrère ha riferito le udienze del processo ai complici e all'unico sopravvissuto fra gli autori degli attentati terroristici avvenuti a Parigi il 13 novembre 2015 - attentati che, tra il Bataclan, lo Stade de France e i bistrot presi di mira, hanno causato centotrenta morti e oltre trecentocinquanta feriti. Ogni mattina, per quasi dieci mesi, Carrère si è seduto nell'enorme «scatola di legno bianco» fatta costruire appositamente e ha ascoltato il resoconto di quelle «esperienze estreme di morte e di vita» - le testimonianze atroci di chi ha perduto una persona cara o è scampato alla carneficina strisciando in mezzo ai cadaveri, i silenzi e i balbettii degli imputati, le parole dei magistrati e degli avvocati -, e lo ha raccontato, come solo lui sa fare, senza mai scivolare nell'enfasi o nel patetismo, e riuscendo a cogliere non solo l'umanità degli uni e degli altri (sconvolgente, ammirevole o abietta che fosse), ma anche, talvolta, la quasi insostenibile ironia dei discorsi e delle situazioni. Da questo viaggio al termine dell'orrore e della pietà, da questo groviglio di ferocia, di fanatismo, di follia e di sofferenza, Carrère sa, fin dal primo giorno, che uscirà cambiato - così come uscirà cambiato, dalla lettura del suo libro, ciascuno di noi.
Il racconto si svolge nel corso di un anno nel villaggio medievale di Lapvona, un luogo povero e timorato di Dio che viene perennemente prosciugato dei suoi averi dal signore feudale che vive in cima alla collina. Marek, il figlio storpio, bistrattato e delirante di un pecoraio, non ha mai conosciuto sua madre; suo padre gli ha detto che è morta durante il parto. Una delle poche consolazioni per Marek è il suo legame duraturo con l'ostetrica cieca Ina, che lo ha allattato quando era un bambino, come ha fatto con tanti bambini del villaggio. Ma i doni di Ina vanno oltre all'accudimento dei neonati: possiede una capacità unica di comunicare con il mondo naturale. Il suo dono la trasforma in veicolo di conoscenze sacre. Per alcune persone, la casa di Ina nei boschi fuori dal villaggio è un posto da temere e da evitare, un luogo senza Dio. Tra di loro c'è padre Barnaba, il prete della città e lacchè del depravato signore e governatore Villiam. Il disperato bisogno del popolo di credere che ci sia qualcuno che ha a cuore i suoi interessi è messo a dura prova da Villiam e dal sacerdote, specialmente in questo anno di siccità e carestia eccezionali. Ma quando il destino porta Marek vicino alla famiglia del signore, nuove forze occulte sconvolgono il vecchio ordine. Entro la fine dell'anno, il velo tra cecità e vista, vita e morte, mondo naturale e mondo degli spiriti si rivelerà molto sottile.
Si esiste interi solo prima di nascere. Ma quello strappo è la vita. Omar ha dieci anni e passa le giornate alla finestra sperando che sua madre torni: da troppi giorni non viene, e lui non sa più nemmeno se è viva. Suo fratello gli strofina il naso sulla guancia per fargli il solletico, ma non riesce a consolarlo. Senza la madre il mondo svapora. Solo Nada lo calma, tenendolo per mano: soltanto lei, con i suoi occhi celesti, è per Omar un desiderio. Ha undici anni, sulla fronte una vena che pulsa se qualcuno la fa arrabbiare, e un fratello, Ivo, grande abbastanza da essere arruolato. Nada e Omar sono bambini nella primavera del 1992, a Sarajevo. Per allontanarli dalla guerra, una mattina di luglio un pullman li porta via contro la loro volontà. Se la madre di Omar è ancora viva, come farà a ritrovarlo? E se Ivo morisse combattendo? In viaggio per l'Italia, lungo strade ridotte in macerie, Nada conosce Danilo, che ha mani calde e una famiglia, al contrario di lei, e che un giorno le fa una promessa. Nessuna infanzia è spensierata, ciascuno di noi porta con sé le sue ferite, ma anche quando ogni certezza sembra venire meno, possiamo trovare un punto fermo attorno al quale far girare tutto il resto. Mi limitavo ad amare te entra nelle fibre del lettore colpendo quel punto come una freccia. Ispirato a una storia vera, è un romanzo di ampio respiro, di formazione, di guerra e d'amore, che si colloca a pieno titolo nella tradizione del grande romanzo europeo. Con la sua scrittura precisa e toccante, Rosella Postorino torna a indagare le nostre questioni private, quelle che finiscono per occupare il centro dei pensieri e delle azioni degli esseri umani anche nel mezzo dei rivolgimenti storici più scioccanti. Così, mentre infuria il conflitto che per primo in Europa ha spezzato una lunga pace, ecco che ci interroghiamo sull'"inconveniente di essere nati". Come si diventa grandi quando da piccoli si è stati amati malamente? E chi può mai dire di essere stato amato come e quanto avrebbe voluto? Nada, Omar e Danilo scoprono presto nel legame che li unisce, e che li spinge a giurarsi fedeltà eterna oppure a tradirsi, la più grande risorsa per una possibile salvezza.
Mentre i tedeschi avanzano in Polonia nel 1939, Elisha Pomeranz, piccolo orologiaio ebreo con la passione della matematica e della musica, scappa nella foresta, lasciandosi dietro la bella e intelligente moglie Stefa. Stefa non vede il pericolo arrivare. E persino iscritta al circolo Goethe della cittadina, anzi ne è una delle star! Ma quando la situazione peggiora, prima si chiude in casa, poi finisce in un campo di concentramento e infine si ritrova in Russia, costretta ad accettare di diventare un'agente sovietica. Elisha, dopo aver peregrinato per i boschi europei, essere stato catturato e poi rilasciato, arriva prima in Grecia e poi in Israele, dove va a vivere in un piccolo kibbutz, e silenziosamente si rimette a riparare gli orologi, a cercare la musica nella matematica e la matematica nella musica, quasi incredulo di aver forse trovato un'oasi da cui non deve fuggire. Stefa ed Elisha sognano di rivedersi ma nel frattempo si avvicina un'altra guerra e tutto sembra di nuovo crollare.
La rubrica "Taccuino di un vecchio sporcaccione" debutta sulle riviste underground statunitensi nel maggio del 1967. Cronista di eccezione è Charles Bukowski, che in questa raccolta - estrapolata dalle sue migliori pagine -ci accompagna con la consueta lucidità dissacrante dai rivoluzionari anni sessanta ai disincantati anni ottanta. Gli scenari cambiano ma Bukowski rimane sempre fedele e leale a se stesso.
La quiete della notte tra il 16 e il 17 luglio 1937 viene turbata a Bellano da un grido di donna. Trattasi di Emerita Diachini in Panicarli, che urla «Al ladro! Al ladro!» perché ha visto un'ombra sospetta muoversi tra i muri di via Manzoni. E in effetti un balordo viene poi rocambolescamente acciuffato dalla guardia notturna Romeo Giudici. E Serafino Caiazzi, noto alle cronache del paese per altri piccoli reati finiti in niente soprattutto per le sue incapacità criminali. Chiaro che il ladro è lui, chi altri? Ma al maresciallo Maccadò servono prove, mica bastano le voci di contrada e la fama scalcinata del presunto reo. Ergo, scattano le indagini. Prima cosa, interrogare l'Emerita. Già, una parola, perché la donna spesso non risponde al suono del campanello di casa, mentre invece è molto attivo il suo cane, un bastardino ringhioso e aggressivo che si attacca ai polpacci di qualunque estraneo. E il Maccadò, dei cani, ha una fifa barbina. "A cantare fu il cane" ci offre una delle storie più riuscite di Andrea Vitali. I misteri e le tresche di paese, gli affanni dei carabinieri e le voci che si diffondono incontrollate e senza posa, come le onde del lago, inebriate e golose di ogni curiosità, come quella della principessa eritrea Omosupe, illusionista ed escapologa, principale attrazione del Circo Astra per le sue performance, ma soprattutto per il suo ombelico scandalosamente messo in mostra. E per la quale, così si dice, ha perso la testa un giovanotto scomparso da casa...
Inizi del X secolo. Le forze dei regni di Wessex e Mercia si sono unite per sconfiggere i danesi, ma i regni della Gran Bretagna continuano a essere minacciati dall'instabilità e dalle pressioni dei vichinghi. Quando Aethelred, signore di Mercia, muore senza lasciare eredi, il trono vacante è l'ideale per scatenare rivalità sopite. Mentre l'aristocrazia della Mercia discute della successione e i territori dell'ovest cercano di accampare pretese, nuovi nemici si avvicinano dalle frontiere del Nord. I sassoni avrebbero un disperato bisogno di una guida forte, invece continuano a lottare per un trono abbandonato, rischiando di minare l'unità e la forza che hanno faticosamente costruito. Uhtred di Bebbanburg, il più grande guerriero della Mercia, appoggia Aethel-flaed, la consorte di Aethelred, come legittima erede al trono, perché sa che anche lei crede nel sogno di un unico regno di Inghilterra. Ma i nobili accetteranno che sia una donna a prendere il potere, anche se è la vedova di Aethelred e la sorella del re di Wessex?
La Principessa Qualcosa di Troppo, fin dalla nascita, rivela di possedere una meravigliosa, ma pericolosa caratteristica: non ha limiti, è esagerata in tutto quello che fa. Si muove troppo, piange troppo, ride troppo e, soprattutto, vuole troppo. Ma, quando sua madre muore, la Principessa si ritrova "un buco al posto del cuore". Smarrita, prende a vagare per il regno e incontra così il Cavalier Niente che vive da solo in cima a una collina e passa tutto il giorno a "non-fare qualcosa di importante". Grazie a lui, anche la Principessa scopre il valore del "non-fare". E del silenzio, dell'immaginazione, della noia: tutto quello da cui era sempre fuggita. Tanto che, dopo avere fatto amicizia con il Cavalier Niente, Qualcosa di Troppo gli si ribella e pur di non fermarsi e di non sentire l'insopportabile "nostalgia di Niente" che la perseguita vive tante, troppe avventure... Fino ad arrivare in un misterioso tempio color pistacchio e capire che "è il puro fatto di stare al mondo la vera avventura". Chiara Gamberale si concentra sul rischio che corriamo a volere riempire ossessivamente le nostre vite, anziché fare i conti con chi siamo e che cosa vogliamo. Grazie a un tono sognante e divertito, e al tocco surreale delle illustrazioni di Tuono Pettinato, "Qualcosa" ci aiuta così a difenderci dal Troppo. Ma, soprattutto, ci invita a fare pace col Niente.
«È tempo di sospendere le nostre certezze e di iniziare un viaggio negli universi stravaganti degli altri». Possiamo passare una vita a discutere senza mai capirci, in particolare quando apparteniamo a generazioni diverse. Quasi sempre è un problema di coordinate: ognuno ha le sue e rifiuta di abbandonarle, anche solo un po'. Essere figlia e padre non semplifica le cose. Stanchi di «conversare a vuoto», Giorgia e Gianrico Carofiglio si sono seduti a un tavolo e hanno affrontato con occhi nuovi alcuni degli argomenti che più li hanno divisi. Questioni che riguardano ciascuno di noi come il clima, il femminismo, il cibo. La politica. Non hanno eliminato tutte le loro divergenze, ma hanno elaborato una serie di ragionamenti - veri e propri saggi brevi, tessere di un mosaico sorprendente - in cui si combinano entrambi i punti di vista. Una scommessa audace e allegra sulle possibilità di un linguaggio comune, di un'idea condivisa del mondo e del futuro.
«È tempo di sospendere le nostre certezze e di iniziare un viaggio negli universi stravaganti degli altri». Possiamo passare una vita a discutere senza mai capirci, in particolare quando apparteniamo a generazioni diverse. Quasi sempre è un problema di coordinate: ognuno ha le sue e rifiuta di abbandonarle, anche solo un po'. Essere figlia e padre non semplifica le cose. Stanchi di «conversare a vuoto», Giorgia e Gianrico Carofiglio si sono seduti a un tavolo e hanno affrontato con occhi nuovi alcuni degli argomenti che più li hanno divisi. Questioni che riguardano ciascuno di noi come il clima, il femminismo, il cibo. La politica. Non hanno eliminato tutte le loro divergenze, ma hanno elaborato una serie di ragionamenti - veri e propri saggi brevi, tessere di un mosaico sorprendente - in cui si combinano entrambi i punti di vista. Una scommessa audace e allegra sulle possibilità di un linguaggio comune, di un'idea condivisa del mondo e del futuro.
Il tramonto degli anni Settanta, la musica e la politica, la repressione e la lotta armata, le controculture e le «sostanze», il femminismo e le lotte per l'aborto, il punk e le avvisaglie del «riflusso», sotto un cielo pieno di stelle. E di astronavi. 1978. Aldo Moro è rapito e ucciso. Sulle città piomba lo stato d'emergenza. «La droga» sfonda ogni argine. Tre papi in Vaticano. Le ultime grandi riforme sociali. Mentre accade tutto questo, di notte e di giorno sempre più italiani vedono dischi volanti. È un fenomeno di massa, la «Grande ondata». Duemila avvistamenti nei cieli del Belpaese, decine di «incontri ravvicinati» con viaggiatori intergalattici. Alieni e velivoli spaziali imperversano nella cultura pop. Milena Cravero, giovane antropologa, studia gli appassionati di Ufo in una Torino cupa e militarizzata. Martin Zanka, scrittore di successo, ha raccontato storie di antichi cosmonauti, ma è stanco del proprio personaggio, ed è stanco di Roma. Suo figlio Vincenzo, ex eroinomane, vive a Thanur, una comune in Lunigiana, alle pendici di un monte misterioso. Il Quarzerone, con le sue tre cime. Luogo di miti e leggende, fenomeni inspiegabili, casi di cronaca mai risolti. L'ultimo, quello di Jacopo e Margherita, due scout svaniti nei boschi e mai ritrovati. Intorno alla loro scomparsa, un vortice di storie e personaggi. Un romanzo vasto, corale, psichedelico. A oltre vent'anni dal tumultuoso esordio, una nuova grande prova di Wu Ming.
Uno sparo rimbomba nell'atrio di un elegante palazzo nel centro di Milano e un uomo si accascia a terra, in un lago di sangue. È una notizia da prima pagina, perché la vittima dell'agguato, Raimondo Clementi, è stato un mitico presidente della Borsa Valori, da tutti stimato e rispettato. L'uomo riesce a salvarsi, ma l'attenzione intorno a lui non si spegne, perché una nota rivista decide di dedicargli un lungo articolo da copertina. L'intervistatrice è una giornalista giovane e ambiziosa, Giovanna Vitali, che ha il compito di vincere le resistenze di Clementi, notoriamente schivo, per tracciarne la biografia. Ben presto, le loro chiacchiere a Villa Dorotea, sul lago d'Orta, diventano piacevoli confidenze, e l'uomo ripercorre pagina dopo pagina la sua vita, coinvolgente come un romanzo. Dagli studi all'Università Cattolica ai vertici di Piazza Affari, la carriera di questo mercante di sogni ha scritto infatti un pezzo di storia italiana e, in parallelo, il suo privato è stato un susseguirsi di passioni folgoranti e drammi inconfessabili, fino al grande amore per Tilli, la vera donna del suo cuore, conosciuta in tenera età e infine ritrovata dopo mille peripezie. Tra saga mozzafiato e confessione intima, "Mercante di sogni" è la storia di un uomo che ha avuto il coraggio di vivere fino in fondo un'esistenza travolgente.
Oxford. La giovane Sofia si è confinata in casa dopo la perdita del marito Nicola Obreskov, storico accademico, sul punto di concludere uno studio sui russi immigrati in Italia fra la fine dell'Ottocento e il primo ventennio del Novecento. L'intensità della storia d'amore spezzata disorienta Sofia, che sceglie l'isolamento. L'amico Edmund ha i suoi metodi - e le sue ragioni - per forzarla a riprendere il lavoro di restauratrice di tessuti: è appena riuscito ad aggiudicarsi all'asta una mongolfiera levatasi in volo a Chambéry nel 1784 e bisognosa di un restauro. Alla generosa invadenza di Edmund risponde la gugliata magica e riparatrice di Sofia, che accetta anche di svolgere una ricerca storica su quel volo e sul giovanissimo Xavier de Maistre - futuro autore del Viaggio intorno alla mia camera - salito sulla navicella insieme all'amico Louis Brun. A Chambéry, stringe una singolare intesa con Pauline, erede appassionata di una celebre libreria antiquaria. Si incrociano destini, e complice Edmund, maestro di cerimonie, Sofia guida la sua mongolfiera restaurata nei cieli della Storia perché il passato sia invitato a resistere dentro i confini incerti del presente. Alla giovane ostinazione di Pauline fanno eco la Russia misteriosa di Nicola e il fantasma di de Maistre. Benedetta Cibrario sente una volta di più il "rumore del mondo" e lo semina, con maestria, dentro il vortice in cui si affollano le parole perdute della memoria. Quattro anime generose si avventurano per noi attraverso gli specchi del dolore e dell'accadere, alla ricerca del filo con cui ricucire gli strappi del destino, e fanno levare nel cielo della Storia un'antica mongolfiera perché dall'alto siano finalmente comprensibili la meraviglia e l'insensatezza del vivere.
A causa di particolari circostanze familiari, la liceale Miko si trasferisce presso la pensione dello zio. Il primo giorno non inizia nel migliore dei modi: lungo la via verso la nuova casa s'imbatte in un tizio dall'apparenza poco raccomandabile che comincia a seguirla! Ma era tutto un malinteso: il "tizio" in questione non era un malintenzionato, e non la stava seguendo; semplicemente stava tornando a casa - la stessa di Miko, in quanto Matsunaga - questo il suo nome - è un giovane designer che vive proprio nella pensione dello zio, assieme a una schiera di altri inquilini piuttosto...insoliti. Come si evolverà la nuova vita di Miko lontano dai genitori, a contatto con adulti stravaganti e bizzarri? Riuscirà ad adattarsi a nuovi ritmi e nuovi impegni? E soprattutto...che rapporto finirà con l'instaurare col brusco ma premuroso Matsunaga-san?
Gli tsukumogami, spiriti che entrano nel nostro mondo possedendo vecchi oggetti abbandonati. Hyoma Kunato dà loro la caccia e li odia per avergli portato via tutto. Botan Nagatsuki li ama come se fossero la sua famiglia. A Kyoto, la capitale millenaria, i due ragazzi si incontrano e vengono costretti a vivere sotto lo stesso tetto... una convivenza che non promette nulla di buono. Inizia una storia di combattimenti e legami tra uomini e cose!
Leon, soldato d'élite di un'Europa militarista, viene imbarcato con la forza per una spedizione segreta. In un Giappone in rovina, abbandonato da più di due secoli, lui e i suoi compagni di sventura dovranno recuperare un'arma misteriosa dal nome in codice Tsugumi. Un congegno spaventoso, dal potenziale distruttivo tale che il mondo ha preferito schiacciare l'arcipelago Giapponese sotto una pioggia di bombe atomiche piuttosto che vederne completato lo sviluppo. Lo sbarco però fallisce e Leon si ritrova a solo nella baia di Tokyo. Affamato, allo stremo delle sue forze e con una sola tuta anti-radiazioni per proteggersi, scopre subito che la città non è deserta come previsto...
A causa dei debiti del padre, Nanami Momozono ha perso tutto e si è ritrovata a dover vivere in un vecchio e decrepito tempio shintoista, ospite nientemeno che di una divinità! La condizione per poter restare è farsi carico del suo lavoro...
«Non lo so se l'idea che i buchi neri finiscano la loro lunga vita trasformandosi in buchi bianchi sia giusta. È il fenomeno che ho studiato in questi ultimi anni. Coinvolge la natura quantistica del tempo e dello spazio, la coesistenza di prospettive diverse, e la ragione della differenza fra passato e futuro. Esplorare questa idea è un'avventura ancora in corso. Ve la racconto come in un bollettino dal fronte. Cosa sono esattamente i buchi neri, che pullulano nell'universo. Cosa sono i buchi bianchi, i loro elusivi fratelli minori. E le domande che mi inseguono da sempre: come facciamo a capire quello che non abbiamo mai visto? Perché vogliamo sempre andare a vedere un po' più in là...?» (l'autore)
Nessuno vuole fare il pisolino! Tutti hanno una buona ragione per non sdraiarsi. Il coccodrillo dice che è per i bambini piccoli, la scimmia ribatte che è troppo occupato e la iena ride stupidamente! Come faranno a fare la nanna tutti questi animali della giungla? Un libro perfetto per convincere anche i bambini più insonni a riposarsi un po'. Età di lettura: da 3 anni.
Cosa succede se ti premo il naso? Biiiip! È un nasino canterino! E se ti faccio ghirighirighiri sulla pancia? Un libro che invita bimbe, bimbi, mamme e papà, a giocare con il corpo, abbracciarsi, coccolarsi, farsi il solletico, mordicchiarsi... Età di lettura: da 1 anno.
Tantissime finestrelle a sorpresa! Un libro in cui in ogni apertura il bambino si divertirà ad aprire 2 finestrine, una sotto l'altra per una sorpresa doppia! Un effetto matriosca che stimolerà la sua manualità e le sue capacità cognitive: infatti mentre si diverte impara a mettere in relazione le cose della sua quotidianità. Età di lettura: da 3 anni.
Quando si passa la giornata lontani l'uno dall'altro, è bello raccontarsela. Ma quando si è molto piccoli, come Milo, o un po' più grandi, come Anna, non si hanno ancora le parole per parlarne. A più tardi! è un libro per raccontare attraverso immagini e parole rassicuranti, i grandi baci della mattina, i giocattoli, i compagni, la pittura, la pappa, le pipì, il sonnellino, i litigi, le coccole, la stanchezza della sera e... la felicità di ritrovarsi! Età di lettura: da 2 anni.
Difficile trovare un animale più amato del gatto... Che abbia gli stivali o sia Stregatto come nel Paese di Alice, che sia un Aristogatto o un tontolone come il Tom di Jerry, i micioni e i gattini che s'intrufolano nelle pagine per l'infanzia non si possono contare. E qui ce ne sono addirittura 11 - ciascuno col suo colore e la sua stanzetta. Uno per volta corrono a fare la nanna, e dietro a loro gattoneranno di certo anche i piccoli lettori fino a cascare dal sonno... con grande gioia di mamma e papà. Età di lettura: da 2 anni.
Un'andata e un ritorno da una terra struggente e difficile. Il resoconto dettagliato di un'epica e travagliata esperienza on the road. Il team Swaput, a bordo di Mafalda, percorre a ritroso gli itinerari di un rally benefico per unire solidarietà ad avventura. Una rincorsa lunga diecimila chilometri alla scoperta delle terre africane, tra immense distese sabbiose, diversità e ingombrante umanità. Trenta giorni e 10.000 km a bordo di una vecchia Fiat Panda, attraversando Sud Africa, Mozambico, Malawi, Botswana, Zambia e Namibia per distribuire scarpe ai bambini del Malawi. I proventi di questo libro saranno devoluti all'associazione Solidali per il Malawi, per la realizzazione del Madalitso Nutrition Center a Monkey Bay.
"Un erudito cinese forse mai esistito giunge in Europa ai primi del Novecento e traduce in francese centosettantuno poesie della sua terra, un orientalista parigino le pubblica in un piccolo volume dal grande successo dopo averne, forse, inventato alcune, un aero-pittore futurista apprezzato da Carrà le versa in italiano a metà del secolo senza divulgare la sua traduzione e le lascia, partendo per il Brasile, a un generale dell'Esercito suo amico: forse c'è un giallo, comunque le poesie scelte da quella traduzione sono splendide".
"Negro. Lettera ad una madre" è la storia di un viaggio. Un suggestivo resoconto sotto forma epistolare. La descrizione disincantata di un'Europa irriconoscibile, decadente. Quella stessa Europa che, agli occhi del narratore-mittente, non ha soltanto perso lo sfavillio che da sempre attrae chi abita lontano, ma, peggio ancora, sta rinunciando alla propria identità culturale e ai propri valori. "Negro. Lettera ad una madre" è anche un viaggio in una storia, quella appunto, del narratore. È un pellegrinaggio. Non solo un viaggio fisico e geografico, ma anche un percorso iniziatico, che comincia dal candore infantile e termina con le disillusioni e i desideri di ritorno.
Questo volume sulla vita di Antonio Orsini è un’interessantissima miniera di conoscenze, informazioni e commenti sulla figura di un grande scienziato [...]. La scienza e la storia sono fatte da alcune persone che sono figlie del loro tempo e ne rappresentano i caratteri fondamentali ma che contribuiscono attivamente con originalità e impegno all’innovazione scientifica e civile del territorio in cui vivono. In questo senso i Botanici, per il loro lavoro sul territorio e le indicazioni che deducono dalle specie vegetali, contribuiscono in modo importante ad approfondire la conoscenza delle relazioni tra uomo e natura e anche, come nel caso di Orsini, a indirizzare la ricerca sulla conservazione e gestione del territorio”. Dalla Prefazione al volume di Consolata Siniscalco (Presidente della Società Botanica Italiana)
Così era finita Gerda Taro, per non aver voluto abbandonare il fronte quando non c'era più nessuna speranza, ed era rimasta ferita a morte come tanti altri, in una strada polverosa; lasciò nelle sue foto testimonianza dell'enorme delitto che era stata la guerra. Aveva dedicato la sua splendida vita a un degno compito, a una giusta causa persa.» Questo libro racconta la vita di questa ragazza ribelle, l'amore con Robert Capa, l'avventura di fotografare e la gioia di vivere nella Parigi degli anni Trenta. Il 1° agosto 1937 una sfilata piena di bandiere rosse attraversa Parigi. È il corteo funebre per Gerda Taro, la prima fotografa caduta su un campo di battaglia. Proprio quel giorno, avrebbe compiuto ventisette anni. Robert Capa, in prima fila, è distrutto: erano stati felici insieme, lui le aveva insegnato a usare la Leica e poi erano partiti tutti e due per la Guerra di Spagna. Nella folla seguono altri che sono legati a Gerda da molto prima che diventasse la ragazza di Capa: Ruth Cerf, l'amica di Lipsia, con cui ha vissuto i tempi più duri a Parigi dopo la fuga dalla Germania; Willy Chardack, che si è accontentato del ruolo di cavalier servente da quando l'irresistibile ragazza gli ha preferito Georg Kuritzkes, impegnato a combattere nelle Brigate Internazionali. Per tutti Gerda rimarrà una presenza più forte e viva della celebrata eroina antifascista: Gerda li ha spesso delusi e feriti, ma la sua gioia di vivere, la sua sete di libertà sono scintille capaci di riaccendersi anche a distanza di decenni. Basta una telefonata intercontinentale tra Willy e Georg, che si sentono per tutt'altro motivo, a dare l'avvio a un romanzo caleidoscopico, costruito sulle fonti originali, del quale Gerda è il cuore pulsante. È il suo battito a tenere insieme un flusso che allaccia epoche e luoghi lontani, restituendo vita alle istantanee di questi ragazzi degli anni Trenta alle prese con la crisi economica, l'ascesa del nazismo, l'ostilità verso i rifugiati che in Francia colpiva soprattutto chi era ebreo e di sinistra, come loro. Ma per chi l'ha amata, quella giovinezza resta il tempo in cui, finché Gerda è vissuta, tutto sembrava ancora possibile.
C'è un unico posto che per Tilly è sinonimo di casa ed è la libreria di famiglia, la Pages & Co. Passerebbe ore a riordinare gli scaffali strabordanti di volumi e ad ascoltare il nonno mentre aiuta i clienti a trovare il libro giusto. Da qualche giorno, però, sembra che chiunque entri in libreria si dimentichi di punto in bianco perché ha varcato la soglia della Pages & Co. Tilly è sicura che non si tratti solo di lettori smemorati: il suo istinto di librovaga le dice che qualcosa non va nel mondo delle storie e decide di indagare. Così, grazie al suo dono speciale, entra nel magico universo in cui può incontrare i suoi personaggi preferiti. Insieme al suo migliore amico, il coraggioso Oskar, Tilly è pronta per un'altra avventura. Ma trovare le pagine dimenticate dai clienti è una vera impresa, perché il mondo dei libri assomiglia a un labirinto! Quello di cui i due amici hanno bisogno è una mappa che li guidi. È l'inizio di una specie di caccia al tesoro che li porterà a incontrare i protagonisti delle commedie di Shakespeare. Con il loro aiuto, Tilly e Oskar raggiungeranno il treno dell'immaginazione degli Archivisti. Solo Tilly è in grado di recuperare le pagine perdute, ma c'è chi trama nell'ombra e la giovane libraia deve stare in guardia se vuole aiutare chi, come lei, non può vivere senza la magia delle storie. La scrittrice Anna James ha creato un mondo perfetto per chi vorrebbe vivere in un libro: è l'universo di Tilly e dei librovaghi, che viaggiano da una storia all'altra, incontrando i personaggi dei classici più famosi di tutti i tempi. Età di lettura: da 11 anni.
Tutti nasciamo con un gioiello dentro di noi: il nostro io interiore, la nostra essenza, il nostro bene più prezioso. Anche se non lo vediamo, lo sentiamo in qualche modo: è ciò che ci fa sentire liberi e felici, capaci di tutto. Ci fa sapere chi siamo. Man mano che cresciamo, però, ci accorgiamo che la nostra essenza non piace a tutti e iniziamo ad avere paura di mostrarla: paura di essere esclusi, rifiutati, giudicati... e finiamo per nasconderla, o peggio, dimenticarla, disconnettendoci così da noi stessi. Ma non tutto è perduto, perché anche se l'abbiamo ignorata o abbiamo provato a cancellarla, la nostra essenza è sempre lì e possiamo ritrovarla. Non è facile, ma è un cammino che vale la pena fare, perché il traguardo sei tu. Età di lettura: da 5 anni.
Una ragazza si sveglia all'improvviso in un luogo completamente buio. Ha coscienza di sé, sente i suoi pensieri, può parlare, ma non ricorda chi è, nemmeno il suo nome. Intorno a lei, il nulla. Mentre cerca di orientarsi e di capire, decide di chiamarsi semplicemente "Io". Almeno finché la memoria non ritorna. A riempire il vuoto, una storia: quella di Mel, che Io vede agire e vivere come su uno schermo del cinema. Mel ha una vita difficile - una madre complicata da gestire, una nuova famiglia che non le va giù - ed è tutt'altro che simpatica. Ma perché Io vede la sua vita? E Julian, il ragazzo gentile e schivo che compare ogni tanto accanto a Mel, che ruolo ha davvero? A poco a poco, il buio intorno a lei si anima e spuntano altre figure, si sentono voci. E il mosaico che viene a comporsi cambierà la sua vita per sempre.
Il dio Loki stavolta è davvero nei guai: dopo aver fatto arrabbiare. Odino viene spedito sulla Terra, dove sarà costretto a vivere per un mese nel corpo di un ragazzino undicenne. Privato dei suoi favolosi poteri, Loki dovrà dimostrare di saper compiere buone azioni, cercando di sopravvivere tra la scuola, i dispetti di suo fratello Thor e i rimproveri di un antipatico diario sputasentenze, giudice insindacabile dei suoi (inesistenti) progressi. Come se non bastasse, a scuola c'è una fastidiosissima ragazzina, Valerie, che non smette mai di seguirlo. Un po' come la vocina dentro la sua testa, una certa Coscienza, mai sentita prima. Con tutte queste immense rotture di scatole, riuscirà Loki a dimostrare di aver imparato dai propri errori, evitando così la dannazione eterna? Difficile a dirsi, per uno che è il dio dell'inganno e non sa neanche distinguere il bene dal male, la verità dallo scherzo e, soprattutto, gli amici dai nemici... Età di lettura: da 9 anni.
Nel 1912 Edwin St. John St. Andrew è un ragazzo di diciotto anni, che sente il peso dell'appartenenza alla nobiltà inglese. Dopo un dissidio con la sua famiglia, attraversa l'Atlantico, per giungere sino in Canada. Qui, incantato dalla bellezza della natura selvaggia, si inoltra in una foresta e, all'improvviso, sente le note di un violino e cade in uno stato di trance. È un'esperienza che lo sconvolge nel profondo e che cambierà per sempre la sua vita. Nel 2203, una famosa scrittrice di nome Olive Llewellyn è in tour per presentare il suo libro. Sta viaggiando per tutto il pianeta, ma la sua casa è la Colonia Due lunare nei pressi del Mare della Tranquillità, un luogo di pietra bianca, di torri, guglie e di una inquietante bellezza artificiale. Nel suo romanzo più noto c'è una strana scena: un uomo suona il violino nel corridoio di un terminal aeroportuale, mentre gli alberi di una foresta si ergono intorno a lui. Nel 2403, Gaspery-Jacques Roberts è un detective dell'Istituto del Tempo di Città Notturna, così, successivamente, è stata ribattezzata la Colonia Due. Viene assunto per indagare su un'anomalia spazio- temporale, sul caso di alcune vite sconvolte da una strana apparizione, tra cui quelle di Edwin St. John St. Andrew e Olive Llewellyn.
Facciamo il punto. Costanza, dopo la laurea in medicina, è stata costretta a lasciare la sua amata e luminosa Sicilia per trasferirsi nel freddo e malinconico Nord. A tenere in caldo i cuori, però, ci pensa Marco, incantevole padre della sua incantevole Flora che Costy, non senza qualche incertezza, ha deciso di portare nella vita della figlia. Dopo varie tribolazioni, Marco ha praticamente lasciato la storica (e decisamente perfetta) fidanzata all'altare. Costanza (seppur decisamente imperfetta) credeva che l'avesse fatto per lei, ma non ne è più così sicura considerato che Marco prende tempo e si comporta in modo piuttosto ambiguo. Come sempre, però, nella vita di Costanza non c'è spazio per la riflessione: lei è una madre lavoratrice e precaria che al momento si sta autoconvincendo di aver compiuto la scelta giusta decidendo di lasciare l'Istituto di Paleopatologia di Verona per un impiego da anatomopatologa a Venezia. Come se la situazione non fosse abbastanza complicata, gli ex colleghi la richiamano per un incarico dal lauto compenso: l'ultima discendente di un'antica famiglia veneziana, gli Almazàn, desidera scoperchiare le tombe dei suoi antenati per scoprire cosa c'è di vero nelle dicerie calunniose che da secoli ammantano di mistero il casato. Costanza non vorrebbe accettare, ma questa storia a tinte fosche solletica la sua curiosità... e poi scopre che nell'operazione è coinvolto anche Marco. Che il cantiere possa rappresentare un'occasione d'oro per trovare un equilibrio vita-lavoro? O, per meglio dire: che il cantiere possa rappresentare un'occasione d'oro per cercare di capire cosa c'è davvero tra lei e Marco? Con coraggio, determinazione e tanta, tanta costanza, questa eroina dai capelli rossi affronterà nuove sfide, svelerà antiche trame mentre proverà a comprendere il suo cuore.
C'erano una volta una città divisa, un amore indissolubile, una bugia da svelare. Ogni fiaba ha un lieto fine? In una città dilaniata dall'odio, i Red e i White vivono divisi. Alti cancelli separano i loro due mondi, almeno fino al giorno in cui il sindaco non decide di trasferire gli studenti della Red School alla White Academy, per far sì che le fazioni si mescolino e la tensione che ormai da troppo tempo imperversa si stemperi. È così che Isabella, figlia di una delle famiglie più influenti della città, incontra per la prima volta Kinan, il rappresentante dei Red. Kinan ha capelli rosso fuoco, magnetici occhi verdi e l'aria di uno studente modello. In lui e in tutti i Red, però, c'è qualcosa di anomalo. Il loro sorriso è forzato, la gentilezza innaturale, ogni gesto che compiono sembra nascondere un'ombra. Isabella, ostinata e coraggiosa, sarà la prima a scoprire il segreto terrificante che si cela dietro l'apparenza. Un segreto tanto pericoloso da essere in grado di sconvolgerle la vita. Tutto ciò in cui Issa ha sempre creduto crolla nell'istante in cui il suo sguardo incrocia le iridi color smeraldo di Kinan. In un'altalena di odio feroce e inaspettata vicinanza, i loro destini sono condannati a intrecciarsi in modo tragico e irreversibile. A legarli è una verità che aspetta da troppo tempo di essere raccontata.
Arriva un momento in cui si è convinti che non ci sia più bisogno di imparare. Ma basta un attimo per capire che le nostre sicurezze, spesso, sono solo un modo per far tacere la paura. Perché vivere intensamente è questo che fa: paura. E sono proprio i giovani a metterci davanti agli occhi una simile verità. Sono loro a rendere chiaro e lampante ciò che nella vita si è sempre saputo, ma non si sapeva di sapere. O ci si rifiutava di sapere. Capitolo dopo capitolo, Enrico Galiano ci porta a scuola di felicità. Una scuola in cui le lezioni sono piccole e grandi allo stesso tempo - sull'amore, il coraggio, la libertà - e impartite non da chi siede dietro la cattedra, ma dai ragazzi stessi. Scopriremo così che hanno ragione loro, quando ridono fino alle lacrime mentre gli adulti li osservano seri. Hanno ragione, quando amano fino a stare male mentre gli adulti li guardano con un sorriso accondiscendente. Hanno ragione, quando cadono, quando non capiscono, quando tartassano di domande finché ottengono una risposta chiara. Quando si arrabbiano perché non si sentono ascoltati. Grazie ai ragazzi, ci si rende conto che, per quanta strada si sia fatta, per quanta esperienza si sia accumulata, si è sempre eterni ripetenti. Eterni ripetenti alla scuola della felicità. Dopo "L'arte di sbagliare alla grande", Enrico Galiano torna con un saggio che è come una giornata di sole dopo mesi di pioggia. Ci fa entrare nella sua classe ad ascoltare le voci e le storie di ragazze e ragazzi, e ci trasmette un'inaspettata leggerezza: leggendo queste pagine, nasce, spontanea, una voglia improvvisa di cominciare a vivere davvero.
Dopo "Il gioiello della corona" e "Il giorno dello scorpione", il terzo capitolo del quartetto del Raj. Barbie Batchelor, insegnante missionaria in pensione, viene accolta dall'anziana Mabel, decana della famiglia Layton, come ospite pagante al Rose Cottage di Pankot. Col passare del tempo, tra le due donne nasce una profonda amicizia. Ma Barbie, che ha origini modeste ed è ciarliera e maldestra, non viene accettata dalla buona società di Pankot, in special modo da Mildred Layton, madre di Sarah e Susan. Dal canto suo, Barbie è ossessionata dai fatti cruenti avvenuti in città: l'aggressione subita dalla ex collega Edwina Crane e la violenza carnale di cui è stata vittima Daphne Manners non smettono di riecheggiare nella sua mente. Nel frattempo, la seconda guerra mondiale è giunta alle sue ultime, amare giornate e il Raj britannico si sta sgretolando definitivamente. A Pankot le mogli, le madri, le figlie e le vedove degli ufficiali inglesi coinvolti nel conflitto attendono trepidanti la fine della guerra e il ritorno dei propri cari. Intanto il capitano Merrick, ferito durante un'incursione, dopo un lungo periodo trascorso in un ospedale militare e di passaggio in città, ha un lungo colloquio con Barbie. Sebbene appaia un consumato professionista, l'uomo è brutale e corrotto, ma nemmeno le sue macchinazioni possono arrestare il cambiamento che si sta avvicinando rapidamente e inesorabilmente, un cambiamento che sta minando sempre più il vecchio mito dell'invincibilità britannica...
Claudia è solitaria ma sicura di sé, stravagante, si veste da uomo. Francesco è acceso e frenato da una fede dogmatica e al tempo stesso incerta. Lei lo provoca: lo sai che tua madre e mio padre sono amanti? Ma negli occhi di quel ragazzo remissivo intravede una scintilla in cui si riconosce. Da quel momento non si lasciano più. A Claudia però la provincia sta stretta, fugge appena può, prima Londra, poi Milano e infine Berlino, la capitale europea della trasgressione; Francesco resta fermo e scava dentro di sé. Diventano adulti insieme, in un gioco simbiotico di allontanamento e rincorsa, in cui finiscono sempre per ritrovarsi. Mario Desiati mette in scena le mille complessità di una generazione irregolare, fluida, sradicata: la sua. Quella di chi oggi ha quarant'anni e non ha avuto paura di cercare lontano da casa il proprio posto nel mondo, di chi si è sentito davvero un cittadino d'Europa. Con una scrittura poetica ma urticante, capace di grande tenerezza, dopo "Candore" torna a raccontare le mille forme che può assumere il desiderio quando viene lasciato libero di manifestarsi. Senza timore di toccare le corde del romanticismo, senza pudore nell'indagare i dettagli più ruvidi dell'istinto e dei corpi, interroga il sesso e lo rivela per quello che è: una delle tante posture inventate dagli esseri umani per cercare di essere felici. «A volte si leggono romanzi solo per sapere che qualcuno ci è già passato». Claudia entra nella vita di Francesco in una mattina di sole, nell'atrio della scuola: è una folgorazione, la nascita di un desiderio tutto nuovo, che è soprattutto desiderio di vita. Cresceranno insieme, bisticciando come l'acqua e il fuoco, divergenti e inquieti. Lei spavalda, capelli rossi e cravatta, sempre in fuga, lui schivo ma bruciato dalla curiosità erotica. Sono due spatriati, irregolari, o semplicemente giovani. Un romanzo sull'appartenenza e l'accettazione di sé, sulle amicizie tenaci, su una generazione che ha guardato lontano per trovarsi.
Due famiglie legate a doppio filo, quelle di Joxian e del Txato, cresciuti entrambi nello stesso paesino alle porte di San Sebastián, vicini di casa, inseparabili nelle serate all'osteria e nelle domeniche in bicicletta. E anche le loro mogli, Miren e Bittori, erano legate da una solida amicizia, così come i loro figli, compagni di giochi e di studi tra gli anni Settanta e Ottanta. Ma poi un evento tragico ha scavato un cratere nelle loro vite, spezzate per sempre in un prima e un dopo: il Txato, con la sua impresa di trasporti, è stato preso di mira dall'ETA, e dopo una serie di messaggi intimidatori a cui ha testardamente rifiutato di piegarsi, è caduto vittima di un attentato... Bittori se n'è andata, non riuscendo più a vivere nel posto in cui le hanno ammazzato il marito, il posto in cui la sua presenza non è più gradita, perché le vittime danno fastidio. Anche a quelli che un tempo si proclamavano amici. Anche a quei vicini di casa che sono forse i genitori, il fratello, la sorella di un assassino. Passano gli anni, ma Bittori non rinuncia a pretendere la verità e a farsi chiedere perdono, a cercare la via verso una riconciliazione necessaria non solo per lei, ma per tutte le persone coinvolte. Con la forza della letteratura, Fernando Aramburu ha saputo raccontare una comunità lacerata dal fanatismo, e allo stesso tempo scrivere una storia di gente comune, di affetti, di amicizie, di sentimenti feriti: un romanzo da accostare ai grandi modelli narrativi che hanno fatto dell'universo famiglia il fulcro morale, il centro vitale della loro trama.
In una New York fervida e sontuosa vivono quattro ragazzi, ex compagni di college, che da sempre sono stati vicini l'uno all'altro. Si sono trasferiti nella metropoli da una cittadina del New England, e all'inizio sono sostenuti solo dalla loro amicizia e dall'ambizione. Willem, dall'animo gentile, vuole fare l'attore. JB, scaltro e a volte crudele, insegue un accesso al mondo dell'arte. Malcolm è un architetto frustrato in uno studio prestigioso. Jude, avvocato brillante e di enigmatica riservatezza, è il loro centro di gravità. Nei suoi riguardi l'affetto e la solidarietà prendono una piega differente, per lui i ragazzi hanno una cura particolare, una sensibilità speciale e tormentata, perché la sua vita sempre oscilla tra la luce del riscatto e il baratro dell'autodistruzione. Intorno a Jude, al suo passato, alla sua lotta per conquistarsi un futuro, si plasmano campi di forze e tensioni, lealtà e tradimenti, sogni e disperazione. E la sua storia diventa una disamina, magnifica e perturbante, della crudeltà umana e del potere taumaturgico dell'amicizia.
«Cent'anni fa, in questi stessi giorni, la nostra patria cadeva nelle mani di una banda di delinquenti, guidata da un uomo spietato e cattivo. Un uomo capace di tutto; persino di far chiudere e morire in manicomio il proprio figlio, e la donna che l'aveva messo al mondo». Comincia così il racconto di Aldo Cazzullo su Mussolini. Una figura di cui la maggioranza degli italiani si è fatta un'idea sbagliata: uno statista che fino al '38 le aveva azzeccate quasi tutte; peccato l'alleanza con Hitler, le leggi razziali, la guerra. Cazzullo ricorda che prima del '38 Mussolini aveva provocato la morte dei principali oppositori: Matteotti, Gobetti, Gramsci, Amendola, don Minzoni, Carlo e Nello Rosselli. Aveva conquistato il potere con la violenza - non solo manganelli e olio di ricino ma bombe e mitragliatrici -, facendo centinaia di vittime. Fin dal 1922 si era preso la rivincita sulle città che gli avevano resistito, con avversari gettati dalle finestre di San Lorenzo a Roma, o legati ai camion e trascinati nelle vie di Torino. Aveva imposto una cappa di piombo: Tribunale speciale, polizia segreta, confino, tassa sul celibato, esclusione delle donne da molti posti di lavoro. Aveva commesso crimini in Libia - 40 mila morti tra i civili -, in Etiopia - dall'iprite al massacro dei monaci cristiani -, in Spagna. Aveva usato gli italiani come cavie per cure sbagliate contro la malaria e per vaccini letali. Era stato crudele con tanti: a cominciare da Ida Dalser e dal loro figlio Benitino. La guerra non fu un impazzimento del Duce, ma lo sbocco logico del fascismo, che sostiene la sopraffazione di uno Stato sull'altro e di una razza sull'altra. Idee che purtroppo non sono morte con Mussolini. Anche se Cazzullo demolisce un altro luogo comune: non è vero che tutti gli italiani sono stati fascisti. E l'antifascismo dovrebbe essere un valore comune a tutti i partiti e a tutti gli italiani.
1901. La peste dilaga sull'isola di Mingher e l'uomo chiamato a fermarla viene ucciso in circostanze misteriose. Nel destino di quella piccola isola e dei suoi abitanti Orhan Pamuk ha ricreato un mondo, parlando al nostro presente con una forza e un'intensità che sono quelle della grande letteratura. Nell'aprile del 1901 un piroscafo si avvicina silenzioso all'isola di Mingher, «perla del Mediterraneo orientale». Dall'imbarcazione scendono due persone: il dottor Bonkowski - il maggior specialista di malattie infettive dell'Impero ottomano - e il suo assistente. Bonkowski è lì per conto del sultano: deve indagare su un nemico invisibile ma mortale, che rischia di mettere in ginocchio un Impero già da molti definito il «grande malato d'Europa» e innescare così una reazione a catena nei delicatissimi equilibri continentali. Sull'isola di Mingher, si dice, c'è la peste. Il morbo viene rapidamente confermato, ma imporre le corrette misure sanitarie rappresenta la vera sfida, soprattutto quando le esigenze della scienza e della medicina più nuova si scontrano con le credenze religiose. In quest'isola multiculturale dove musulmani e cristiani ortodossi cercano di convivere pacificamente, la malattia funge da acceleratore delle tensioni sociali e non solo: poco dopo aver parlato con il governatore e chiesto che venga imposta la quarantena, il corpo del dottor Bonkowski viene trovato senza vita in un vicolo. In un drammatico crescendo la peste dilaga, spingendo le autorità a rafforzare le misure di contenimento: queste però aumentano le frizioni tra le varie identità dell'isola (e dell'Impero), tra chi le asseconda e chi nega l'esistenza stessa della malattia, o l'efficacia della quarantena, gettando la comunità nelle tenebre di una notte non soltanto sanitaria. "Le notti della peste" è un'opera-mondo grandiosa, universale, attraversata da echi di Tolstoj, di Manzoni, del Conrad di Nostromo, di Camus. Romanzo storico e allegorico (tra le righe si legge la deriva di ogni nazionalismo verso l'autocrazia dell'uomo forte), brulicante di personaggi e di storie, di guerre, amori e immortali tensioni etiche. In cui il particolare - le esistenze dei singoli individui travolti dalla Storia - si apre all'universale - il rapporto tra paura e potere, tra vita e destini generali, tra fede e ragione, tra modernità e tradizione.
Dai radiosi anni della Germania di Bismarck a quelli devastanti della Seconda guerra mondiale, la famiglia Effinger attraversa quasi un secolo di storia e turbolenze nel cuore pulsante dell'Europa. Gli amori, le sofferenze, le rivoluzioni politiche, ma anche gli arredi, gli abiti da sera, i caffè, i teatri: Gabriele Tergit, in un trionfo di voci e immagini minuziose, racconta il perduto mondo ebraico berlinese. La saga degli Effinger ha inizio con Paul e Karl - figli del capostipite Mathias, orologiaio a Kragsheim - che da un piccolo paese si dirigono alla volta della Berlino cosmopolita per cercare fortuna. Ambiziosi e irrequieti, mecenati talentuosi e sensibili, ardenti patrioti e prussiani, in poco tempo gli Effinger riescono a guadagnarsi la fama di abilissimi imprenditori e a diventare una delle famiglie più importanti della città. Ma dopo la Prima guerra mondiale, le loro certezze borghesi cominciano a sgretolarsi e piano piano anche le loro splendide feste non possono più nascondere l'antisemitismo sempre più dilagante e brutale. Un classico in corso di pubblicazione in tutto il mondo.
Bruno Manera e Federica Pesenti sembrano una coppia felice. Lui è un ricco cinquantenne, lei di anni ne ha trentacinque ed è l'erede di una dinastia di imprenditori della "valle", operoso distretto del Settentrione dove dominano i maggiorenti, l'élite dei capitani d'industria che ha costruito l'ordine del duro lavoro per tanti, del profitto per pochi e delle menzogne per tutti. Su insistenza di Federica, Bruno accetta di trasferirsi in paese, varcando la frontiera invisibile della provincia profonda. Ma quando Manera comincia a subire una serie di gravi atti intimidatori, la situazione precipita. Ad aiutarlo c'è solo Manlio Giavazzi, un vigilante dalla vita sfortunata, convinto che certe faccende vadano risolte tra paesani. Poi il caso gioca un tiro mancino e in una girandola di fulminanti colpi di scena scivoliamo nelle pieghe di un mondo marcio - il nostro - in cui l'amicizia è il vincolo di un'associazione a delinquere, l'amore una speculazione, il matrimonio un campo di battaglia, la solidarietà tra conterranei un patto d'omertà e la famiglia una connection criminale. Massimo Carlotto strappa la maschera a personaggi avvelenati dagli inganni delle loro doppie vite, perché l'avversario è chi ti dorme accanto e il nemico è colui di cui ti fidi. Nel segno della fatalità sovverte la logica del poliziesco, mostrando senza reticenze la ferocia inconfessabile della brava gente e inchiodandoci all'enigma che nessuna detection può risolvere: il mistero di chi siamo davvero.
Braccato dalle autorità da più di trent'anni. Evaso di prigione due volte in elicottero. Autore di innumerevoli rapine e di celebri sequestri. Ha dato milioni ai poveri e agli orfani. Non ha mai ucciso nessuno. Questa è la storia, narrata in prima persona, di come l'uomo più ricercato della Grecia sia diventato un eroe popolare nel proprio Paese. Vassilis Paleokostas non è interessato a conquistare il favore dei lettori. Al contrario, rivendica il proprio ruolo e non trascura nessuna delle circostanze che hanno portato un ragazzo cresciuto nell'estrema povertà delle montagne della Tessaglia a condurre una vita da fuorilegge. L'amore per la libertà sopra ogni cosa è il filo conduttore della vita di quest'uomo dalla personalità poliedrica e dal temperamento sorprendentemente riflessivo.
Bassam Aramin è palestinese. Rami Elhanan è israeliano. Il conflitto colora ogni aspetto della loro vita quotidiana, dalle strade che sono autorizzati a percorrere, alle scuole che le loro figlie, Abir e Smadar, frequentano, ai checkpoint. Sono costretti senza sosta a negoziare fisicamente ed emotivamente con la violenza circostante. Come l'Apeirogon del titolo, un poligono dal numero infinito di lati, infiniti sono gli aspetti, i livelli, gli elementi di scontro che vedono contrapposti due popoli e due esistenze su un'unica terra. Ma il mondo di Bassam e di Rami cambia irrimediabilmente quando Abir, di dieci anni, è uccisa da un proiettile di gomma e la tredicenne Smadar rimane vittima di un attacco suicida. Quando Bassam e Rami vengono a conoscenza delle rispettive tragedie, si riconoscono, diventano amici per la pelle e decidono di usare il loro comune dolore come arma per la pace. Nella sua opera più ambiziosa, Colum McCann crea Apeirogon con gli ingredienti del saggio e del romanzo, e ci dona un racconto nello stesso momento struggente e carico di speranza.
Tutto soggiace alla falce del Tempo, che ruba le cose care all'uomo. Solo nella poesia si può crearle di nuovo. All'alba del XXI secolo, dopo un sonno pluricentenario, viene ritrovato e battuto all'asta a Vienna il dramma perduto di Shakespeare: una trilogia teatrale su Dante Alighieri. Si scopre così che, per riuscire nell'impresa impossibile di raccontare il Sommo Poeta e la sua Divina Commedia, ci voleva il Sommo Drammaturgo: il genio di Stratford ha narrato l'intera vita di Dante intrecciandola con la trama del suo capolavoro, con le immagini sconvolgenti di Inferno, Purgatorio e Paradiso. Vedremo in scena l'infanzia e la giovinezza del Poeta, la morte della madre, l'incontro con Beatrice, i rovesci famigliari e politici, le tentazioni del sesso, la scoperta dell'amicizia con Guido Cavalcanti e della filosofia con i compagni di studi dell'Ateneo bolognese. Sulle assi del palcoscenico si susseguiranno avventure e disavventure, tradimenti, lotte, e soprattutto incubi e visioni: perché Dante, marchiato da un male oscuro, deve lottare con stati di alterazione e allucinazioni, chiave narrativa della Commedia, le cui scene balenano come una trama occulta nel corso travagliato della sua vita. Uno spettacolo vertiginoso, che strappa alle tenebre del passato dettagli e personaggi misconosciuti eppure decisivi e regala svolte inaspettate, in cui la vivida ricostruzione storica si fa intreccio appassionante, mescolando con successo stili e suggestioni tra il Trecento, l'epoca elisabettiana e i giorni nostri. Un'opera che riesce nell'impresa di restituirci Dante Alighieri in tutta la sua umanità, controcorrente.
«Ebbene, sì. Confesso. Sì, scrivo roba in versi. Mi dichiaro rifugiato poetico.». Gigi Proietti è stato il più grande attore, regista, scrittore e interprete di un universo umano che attingeva spesso a Roma, a cui ha dato voce nella sua anima più nobile e più popolare insieme. «Il romano ha regalato alla lingua italiana espressioni, parole, significati per i quali dovrebbero ringraziarci. Per capirci, se invece di dire: "Sono stato particolarmente sfortunato in quella circostanza", uno dice: "M'ha detto pedalino". Oppure "M'ha detto zella", se fa' prima.» La sua romanità si riversava soprattutto nella scrittura dei sonetti: alcuni sono diventati un appuntamento fisso anche per i lettori del «Messaggero» o del «Fatto quotidiano», moltissimi altri sono stati recitati in eventi pubblici o sono rimasti nei quaderni che portava con sé sul set o in camerino e su cui si divertiva a costruire versi pungenti per resistere al quotidiano sfascio culturale e politico. Per la prima volta sono raccolti in questo libro tutti i suoi sonetti insieme ad alcuni racconti a cui stava lavorando con gran divertimento, come le avventure di Er Ciofeca che si ritrova suo malgrado al centro di un intreccio di cronache romane agre, tra dialoghi stralunati nel suo bar o in coda dal barbieretto. Ci sono poi i disegni con cui Gigi Proietti si divertiva a fissare in pochi tratti tic, manie e piccole ossessioni del mondo intorno. Una passione che condivideva soprattutto con la figlia Susanna, a cui aveva chiesto di dare un volto ai personaggi di "'Ndò cojo cojo". Il risultato è un libro unico, puntellato da storie e sonetti fuori da ogni regola, capaci di far ridere e di commuovere, e che dimostrano ancora una volta il talento di un narratore e di un sonettaro satirico.
È l'anno fatidico 2001. A New York, Harvey Sonnenfeld, agente CIA messo un po' in disparte ma carico di esperienza, ha un'intuizione, una di quelle convinzioni tenaci che non si sa da dove vengano ma che possono essere più radicate di un ragionamento articolato: ci sarà un attentato. «New York conta un bel po' di milioni di abitanti, e nessuno può sapere esattamente quanti stanno preparando un attentato. Loro sono qui e io prima o poi li annuserò». Ingaggia allo scopo un gruppo di persone tanto assurdo quanto efficace. Bobby Fischer, l'unico americano della storia campione mondiale di scacchi, paranoico, ma capace di anticipare un migliaio di mosse; l'immigrato russo Kozlov, un ubriacone, proveniente dall'Afghanistan, ingegnere esperto di ogni tipo di attentato; il professor Koselleck, cacciato dall'università a causa di una condanna per stalkeraggio contro la moglie, il massimo studioso del pianeta di graffiti offensivi e scritte oscene. Intanto un'ombra si aggira, un altro gruppo affaccendato a tessere una rete di contatti; per loro non è il 2001 ma l'anno 1421 dall'Egira. L'improbabile squadra di Harvey Sonnenfeld da un labile indizio scovato in metropolitana e una conversazione captata per caso, dà l'avvio a una corsa contro un tempo immaginario, in cui si profilano minuziosamente terroristi costruiti sull'equivoco. Siamo arrivati a settembre. La fine è nota. Ma il racconto è pieno di tensione e di sorprese, e pervaso dall'ironia di chi, come Alessandro Barbero, sa guardare alla storia con disincanto. E il desiderio di complotti produce le sue conseguenze, mentre la realtà va pericolosamente, indisturbata, per conto suo.
Vita Castellá giace cadavere nella stanza di un lussuoso albergo di Madrid, avvelenata con un caffè al cianuro. È stata la presidente della Comunità Valenciana. Amata e detestata, benefattrice e prepotente, ha dominato la città e la regione in una stagione segnata da una corruzione pervasiva e quasi proverbiale. La rete di potere che da lei si è estesa ha lasciato al suo ritiro una schiera di scheletri in moltissimi armadi. Della sua morte, le autorità, il capo della polizia, il ministro, vogliono far passare una versione ufficiale meno compromettente, un infarto che eviti «un casino di dimensioni stratosferiche». L'inchiesta di polizia è però inevitabile. L'idea brillante è di affidarla a degli investigatori inesperti e malleabili. Come Berta e Marta, due sorelle giovanissime appena uscite dall'Accademia di Polizia. Diverse l'una dall'altra come due fiocchi di neve, sono acute, ambiziose e sono donne, cioè con una emergente avversione per i maschi al potere. Vanno così per la loro strada di poliziotte determinate. Con un po' di rimorso «tacendo e mentendo» ai loro capi come questi fanno con loro due. E s'inerpicano in un'inchiesta che si svolge in una fascinosa Valencia. Poteri e misteri, false apparenze, vendette e rancori, altri spietati omicidi debbono svelare a poco a poco, anche con l'aiuto dell'affezionato addetto stampa della presidente, «Boro» Badía, un giornalista a cui il «partito» ha spezzato la carriera e ferito la dignità a causa delle scelte sessuali. Le due creature di Alicia Giménez-Bartlett, le sorelle Miralles, Berta e Marta, sfidano lo stereotipo del detective tradizionale. Le ubbie, le paturnie, e i sogni propri di ogni ragazza risaltano nei dialoghi, e danno al mistero poliziesco la stessa quotidiana leggerezza che ha reso famosa l'ispettrice di Barcellona Petra Delicado. Quell'umorismo d'ambiente che ha tra i suoi scopi, come sempre nei romanzi dell'autrice, anche quello di affermare i diritti.
Poppy Litcheld ha solo nove anni quando si lancia nell'avventura più grande della sua vita, collezionare mille baci capaci di farle scoppiare il cuore. Il suo vicino di casa e migliore amico è il perfetto compagno per quest'avventura. Poppy ha tutto quello che potrebbe desiderare: gioia, risate, baci da togliere il fiato, e il vero amore. Ma crescere è difficile e l'amore può non essere in grado di superare tutti gli ostacoli... Quando il diciassettenne Rune Kristiansen torna nella tranquilla cittadina della Georgia in cui ha abitato da bambino, ha in mente solo una cosa. Scoprire il motivo che ha spinto la sua inseparabile amica d'infanzia a escluderlo dalla sua vita senza una parola di spiegazione. Ma il suo cuore potrebbe rompersi di nuovo... Un bacio dura un attimo. Ma mille baci possono durare un'eternità.
Fin dalla sua prima apparizione nel 1985, Rumore bianco di Don DeLillo si è imposto come un vero e proprio romanzo di culto, apice del postmoderno americano: non a caso il successo di critica e di pubblico culminò con la vittoria del National Book Award. Meno scontato era prevedere che nei decenni successivi Rumore bianco avrebbe continuato a essere la più precisa, divertente e inquietante mappa per orientarsi nei tempi nuovi e sconosciuti in cui la civiltà occidentale stava entrando. È come se, nei quasi quarant'anni che ci dividono dall'uscita del libro, la realtà si fosse messa di impegno per adeguarsi e coincidere sempre più con l'immaginazione di DeLillo. Oggi più che mai quelle di Rumore bianco sono le pagine a cui tornare per fare i conti con la nostra ossessione per le merci, la fascinazione per i disastri, la dipendenza drogata dall'informazione, il terrore in tutte le sue varianti, la paura che come una frequenza bassissima penetra costantemente nelle nostre vite, «onde e radiazioni», «il culto delle star e dei morti». Ma questo classico moderno è anche, e qui sta ulteriormente la grandezza di DeLillo, la satira feroce di chi ama i concetti più delle persone, una commedia famigliare esilarante, la tenerissima storia di un matrimonio, sghembo e fallibile, umano e pieno d'amore. Rumore bianco è diventato così uno dei romanzi più influenti e amati dagli scrittori delle generazioni successive, a partire da David Foster Wallace e Jonathan Franzen, e tanti altri autori anche italiani. Nel 2022, Noah Baumbach ne ha tratto un film con Adam Driver e Greta Gerwig distribuito da Netflix e presentato come film d'apertura alla 79a Mostra di Venezia. Einaudi lo ripropone in una nuova traduzione a firma di Federica Aceto che ne restituisce la freschezza e l'incredibile modernità, tanto che anche chi l'ha già letto avrà l'impressione di scoprirlo ora per la prima volta.
"Come ho potuto essere così cieca?" Dalla casa sulla scogliera dove Edie e Jake si sono trasferiti, si vede solo una cosa: il mare. Mare grigio che si fonde col cielo, con onde altissime che s'infrangono sulla roccia. Per Edie, la differenza con Londra è schiacciante: tanto più che non può usare l'auto per via di un disturbo agli occhi che le provoca momenti di blackout visivo. Se non altro, però, lungo quel tratto selvaggio di costa vive anche Ryan. Il terzo componente di un trio indivisibile: amici fin dal liceo, Edie, Jake e Ryan erano il terzetto più enigmatico della scuola. Certo, nel frattempo la vita si è messa in mezzo, e piccole invidie e rancori hanno scavato qualche solco tra Jake e Ryan... Fino alla mattina in cui Edie viene raggiunta dalla notizia più impensabile: Jake è stato trovato morto, in una pozza di sangue. E a dare l'allarme è stato proprio Ryan. Un tremendo sospetto e mille domande si affacciano alla mente senza pace di Edie... Fidarsi di qualcuno è ormai impossibile per lei. Sola nell'oscurità, non può fare altro che chiedersi che cos'è che non riesce a vedere.
Maddalena, la maggiore, è timida, sobria, riservata. Nina, di poco minore, è bella e capricciosa, magnetica, difficile, prigioniera del proprio egocentrismo. Le due sorelle, legate dal filo di un'intima indistinzione, hanno costruito la loro infanzia e adolescenza intorno a un grande vuoto, un'assenza difficile da accettare. Ancora adesso, molti anni dopo, cercano di colmarla con corse, lunghe camminate, cascate di parole e messaggi WhatsApp che, da Parigi a New York, le riportano sempre a Roma, in una casa con terrazzo affacciata su Villa Pamphili, dove la loro strana vita, simbiotica e selvatica, ha preso forma. È proprio a Roma che Maddi, da sempre chiusa nel suo carapace, decide di tornare, fuggendo dai ruoli che la sorella, prima, e la famiglia poi, le hanno imposto. Finalmente sola con sé stessa e con i suoi ricordi, lascia cadere le difese e, rivivendo i luoghi del passato, inverte le parti e si apre alle sorprese che riserva la vita. Padri e madri, amicizie e passioni, alberi e fiumi fanno da cornice a una storia d'amore e di abbandono che, come ogni storia viva, offre solo domande senza risposta. E misura con il metro felice della letteratura la distanza che intercorre tra la ferita originaria e la pace sempre e solo sfiorata della maturità.
"Tutta la verità. Ma obliqua. Intraducibile Emily Dickinson, se non con nuove figure, nuove immagini, una nuova storia. È quello che fa Elena Varvello con "Solo un ragazzo", che a sua volta è la risposta semplice e assoluta a una domanda che urge per tutto il libro: «Che cosa sei?» È ciò che chiedono i padri e che soffrono le madri di fronte all'enigma dell'adolescenza. Un'età che fugge e sfugge, un'età malvagia e innocente, che conserva e spreca: l'età della contaminazione. C'è un ragazzo, solo un ragazzo, al centro di questo libro, che rifiuta e rifiuta e basta. Commette infrazioni via via più importanti che travolgono senza possibilità di scampo chi gli sta intorno e tenta una vita accettabile, nella normalità: la madre, il padre, le sorelle fra loro così diverse, e i suoi possibili, incerti avatar. Il ragazzo è dappertutto e quindi in nessun luogo, è «un'ombra, un dubbio, una storia che passa di bocca in bocca». È una specie di ready-made della vita, una cosa comune, quasi banale, che però modifica con la sua sola presenza tutta la realtà che gli gira intorno. Costruisce un rifugio nel bosco con i rifiuti del mondo accettato, ruba, sì, ma cose da nulla, minaccia, e forse uccide, di certo ne muore. In lui la vita batte oltre il ritmo normale. In lui la vita comanda. Non ha bisogno di una logica di cause ed effetti. Appare e si dà. E noi lettori, come i personaggi di questa storia, siamo dei bricoleur dell'impossibile: ci arrabbiamo, ci impegniamo, amiamo, perdoniamo, piangiamo senza però troppo influire sulla forza di gravità esistenziale che ci muove e che muove tutto il libro di Elena Varvello. È una forza che ci attrae dentro ogni pagina, che ci fa diventare volta per volta tutti i personaggi, che ce li fa capire, che ce li fa raddoppiare dentro la nostra sensibilità. Per incantesimo". (Ernesto Franco)
Una situazione quanto mai tipica - un triangolo amoroso sullo sfondo di un'università della East Coast - nelle mani di Barth diventa un formidabile romanzo filosofico che alterna comicità e disperato nichilismo, satira e tragedia; al centro, uno dei più irresistibili antieroi della letteratura postmoderna: Jacob Horner, il giovane professore adultero che fa della paralisi esistenziale un paradossale sistema di vita. Prefazione di Simone Barillari.
Dopo la morte del marito, per Nives è un problema adattarsi alla solitudine e al silenzio di Poggio Corbello. Prendersi cura del podere senza scambiare una parola con anima viva la fa sentire come un fantasma. La notte è il momento più difficile. Poi ecco la soluzione: Giacomina. E la sua chioccia preferita, la vedova comincia a tenerla con sé. Tutte le angosce svaniscono d'incanto. Nives è sollevata, eppure non sa darsi una spiegazione: ha sostituito il marito con una bestiola? Arriva addirittura a pensare di essere felice... Una sera si verifica un incidente che mette a repentaglio la salute della gallina. Dopo vari tentativi di soccorrere l'animale, s'impone l'ultima soluzione: chiamare Loriano Bottai, il veterinario. Quella che segue è una telefonata lunga una vita. Con l'occasione di una piccola emergenza, lo scambio tra Nives e Loriano devia presto altrove. Tra riletture di fatti lontani nel tempo e vecchi rancori si scoprono gli abissi di amori perduti, occasioni mancate, svelamenti difficili da digerire in tarda età. Finché risuonerà feroce una domanda: com'è scoprire di aver vissuto all'oscuro di sé?
Violeta nasce in una notte tempestosa del 1920, prima femmina dopo cinque turbolenti maschi. Fin dal principio la sua vita è segnata da avvenimenti straordinari, con l'eco della Grande guerra ancora forte e il virus dell'influenza spagnola che sbarca sulle coste del Cile quasi nel momento esatto della sua nascita. Grazie alla previdenza del padre, la famiglia esce indenne da questa crisi solo per affrontarne un'altra quando la Grande depressione compromette l'elegante stile di vita urbano che Violeta aveva conosciuto fino ad allora. La sua famiglia perde tutto ed è costretta a ritirarsi in una regione remota del paese, selvaggia e bellissima. Lì la ragazza arriva alla maggiore età e conosce il suo primo pretendente... Violeta racconta in queste pagine la sua storia a Camilo in cui ricorda i devastanti tormenti amorosi, i tempi di povertà ma anche di ricchezza, i terribili lutti e le immense gioie. Sullo sfondo delle sue alterne fortune, un paese di cui solo col tempo Violeta impara a decifrare gli sconvolgimenti politici e sociali. Ed è anche grazie a questa consapevolezza che avviene la sua trasformazione con l'impegno nella lotta per i diritti delle donne. Una vita eccezionalmente ricca e lunga un secolo, che si apre e si chiude con una pandemia.
Martina è una ragazza quasi completamente sorda. Vive a Cagliari, in un ambiente soffocante dove la disabilità è vista come un castigo divino. Così, a vent'anni, sacco in spalla pieno di speranza e incoscienza, con la sua amica Francesca lascia la famiglia e la Sardegna per crearsi una nuova vita a Londra. Eppure, anche in terra britannica proverà il dolore dei pregiudizi soffocanti come conseguenza della sua disabilità e del sessismo. Scoprirà ben presto che la vera lotta è anche interiore, contro la comodità del non reagire, la paura di sfidare lo status quo e la violenza di una società escludente. "Il fruscio degli eucalipti" è un racconto delicato che sussurra al cuore, la storia di una donna coraggiosa che arriva, nonostante tutto, a credere in se stessa. È una lettera d'amore alla bellezza dell'imperfezione, agli affetti contraddittori, alle incertezze del futuro. Un invito a vivere la disabilità come un'opportunità, un'esperienza distante dall'ideale di perfezione fisica e psicologica imperante ai giorni nostri.
Antonia Scott e Jon Gutiérrez sono ancora alla ricerca di Sandra Fajardo, quando Mentor li convoca per un altro caso al momento più pressante. Si tratta della scomparsa di Lola Moreno, moglie di Yuri Voronin, tesoriere di un clan mafioso che opera nella zona di Malaga. Lola Moreno è svanita nel nulla da quando, in un centro commerciale, qualcuno ha cercato di ucciderla. Nel frattempo, il marito Yuri veniva brutalmente trucidato nella loro villa. Ma Jon e Antonia non sono i soli a cercare Lola. È a questo punto che entra in scena l'ineffabile donna russa che risponde al nome di Cërnaja Volcica: la Lupa Nera, pericolosissima sicaria al soldo dei mafiosi. Dai paesaggi assolati dell'Andalusia, fino agli scenari innevati della sierra, Antonia Scott, sempre alle prese con i suoi demoni, dovrà affrontare una temibile nemica. Nel frattempo, il signor White e Sandra Fajardo non si sono certo dimenticati di lei... Dopo "Regina rossa", il secondo volume della trilogia.
Tra le mura del Grave, l'orfanotrofio in cui Nica è cresciuta, si raccontano da sempre storie e leggende a lume di candela. La più famosa è quella del fabbricante di lacrime, un misterioso artigiano dagli occhi chiari come il vetro, colpevole di aver forgiato tutte le paure e le angosce che abitano il cuore degli uomini. Ma a diciassette anni per Nica è giunto il momento di lasciarsi alle spalle le favole tetre dell'infanzia. Il suo sogno più grande, infatti, sta per avverarsi. I coniugi Milligan hanno avviatole pratiche per l'adozione e sono pronti a donarle la famiglia che ha sempre desiderato. Nella nuova casa, però, Nica non è da sola. Insieme a lei viene portato via dal Grave anche Rigel, un orfano inquieto e misterioso, l'ultima persona al mondo che Nica desidererebbe come fratello adottivo. Rigel è intelligente, scaltro, suona il pianoforte come un demone incantatore ed è dotato di una bellezza in grado di ammaliare, ma il suo aspetto angelico cela un'indole oscura. Anche se Nica e Rigel sono uniti da un passato comune di dolore e privazioni, la convivenza tra loro sembra impossibile. Soprattutto quando la leggenda torna a insinuarsi nelle loro vite e il fabbricante di lacrime si fa improvvisamente reale, sempre più vicino. Eppure Nica, dolce e coraggiosa, è disposta a tutto per difendere il suo sogno, perché solo se avrà il coraggio di affrontare gli incubi che la tormentano, potrà librarsi finalmente libera come la farfalla di cui porta il nome.
Dopo un'assenza durata parecchi anni, l'anatomopatologa forense Kay Scarpetta torna in Virginia, lo Stato dove ha avuto inizio la sua brillante carriera. Kay e suo marito Benton Wesley, ora psicologo forense per i servizi segreti americani, si sono trasferiti ad Alexandria, a pochi chilometri dal Pentagono, in un mondo post-pandemico lacerato da disordini civili e politici. Scarpetta è diventata capo medico legale, ma si trova a lavorare con una segretaria prepotente e a gestire una situazione di trascuratezza e presunta corruzione. Dopo poche settimane, viene chiamata sulla scena di un crimine: presso i binari della ferrovia è stato ritrovato il corpo di una donna, orribilmente mutilata. E, non appena Kay comincia a indagare, le si rivela un quadro inquietante: l'omicidio potrebbe essere opera di un serial killer. Nello stesso tempo, una catastrofe in un laboratorio spaziale segreto mette in pericolo la vita di alcuni scienziati. In quanto membro della Doomsday Commission, specializzata in casi sensibili per la sicurezza nazionale, Scarpetta è convocata alla Casa Bianca e incaricata di scoprire cosa sia successo. Mentre è impegnata a lavorare alla prima scena del crimine nello spazio, però, il male si avvicina pericolosamente a casa sua.
Un grande quadro sincronico delle civiltà documentate nel Vicino Oriente antico, dall'Altopiano Iranico fino al Mediterraneo, dal Mar Nero fino al Golfo Persico, con le valli del Tigri e dell'Eufrate e con la valle del Nilo. E quindi anche la storia d'Egitto, secondo una scelta storiografica non consueta, che contribuisce ad allargare la visuale su contatti e interazioni culturali di lunga distanza. L'ampiezza di questa impostazione restituisce al lettore la vivacità e l'articolazione di un mondo disomogeneo e dinamico e corregge radicalmente quella idea diffusa dell'area mesopotamica come un mero prologo, un ipotetico "prima" ai bordi della storia, placidamente adagiato lungo il Tigri e l'Eufrate.
Il manuale affronta in modo completo i fondamentali snodi del diritto del lavoro contemporaneo, prestando attenzione alla sua evoluzione più recente, fortemente influenzata dai tumultuosi processi di globalizzazione economica, dall'avvento della rivoluzione digitale e dagli sconvolgimenti provocati dalla pandemia. Prendendo le mosse dai principi costituzionali del lavoro, con linguaggio chiaro e lineare, si esamina, nella prima parte, il diritto sindacale e le molteplici manifestazioni della libertà sindacale nonché il conflitto collettivo. In questa parte, messi a fuoco i fondamenti della libertà sindacale, il manuale si sofferma sull'organizzazione sindacale, sulle rappresentanze sindacali nei luoghi di lavoro, sulla contrattazione collettiva, sul conflitto collettivo e, infine, sullo sciopero. Nella seconda parte il manuale si concentra sul rapporto individuale di lavoro e, in particolare, sui seguenti temi: il lavoro subordinato e i suoi confini, la figura del datore di lavoro, la somministrazione di lavoro, l'appalto, il distacco, il trasferimento d'azienda, la liquidazione giudiziale, la disciplina antidiscriminatoria, i servizi per il lavoro, i rapporti di lavoro flessibili (contratto a termine, contratto a tempo parziale, contratto di lavoro intermittente, lavoro occasionale), le mansioni e l'inquadramento professionale, il luogo e il tempo della prestazione, il lavoro agile, gli obblighi del lavoratore (obblighi di diligenza, obbedienza, fedeltà), gli obblighi del datore di lavoro (obbligo di sicurezza, obbligo retributivo), i poteri del datore di lavoro (potere direttivo, potere di controllo, potere disciplinare), la sospensione del rapporto di lavoro (malattia, infortunio), l'estinzione del rapporto di lavoro (dimissioni, risoluzione consensuale, licenziamento individuale e collettivo, trattamento di fine rapporto), gli ammortizzatori sociali, il lavoro giovanile e la formazione professionale, le rinunce e le transazioni, la prescrizione, la decadenza. L'opera, aggiornata alle più recenti modifiche normative e pronunce giurisprudenziali, contiene anche essenziali riferimenti bibliografici.
Anche a distanza di secoli, la modernità - dalla fine del Rinascimento a Kant - non è tramontata, se non altro perché le idee, i programmi di ricerca, le realizzazioni cui essa ha dato inizio sono ancora attive e operanti nel nostro mondo contemporaneo. I capitoli di questo libro, affidati ciascuno a uno specialista del tema, non ambiscono all'ennesima sintesi unitaria, ma insistono piuttosto sull'intreccio dei percorsi che caratterizzarono il pensiero dei moderni. Perciò, pur senza rinunciare alla categoria dell'individualità, i singoli pensatori sono immersi nei contesti, nelle tradizioni e nei problemi del loro tempo. I grandi temi, i protagonisti e i loro interlocutori vengono così considerati da angolature o in connessioni originali. In questo modo, si vede come le filosofie giocarono su campi del sapere anche diversi, dalle scienze alla storia, dal pensiero giuridico-politico alla religione. Ne risulta un quadro più ricco e vario perché i filosofi moderni non solo diedero risposte nuove, ma sovente impostarono i problemi con i quali ancora oggi ci misuriamo.
Figlio del capitano Robert Baines, autoritario veterano della Seconda guerra mondiale ora di stanza in Nord Africa, e di sua moglie Rosalind, Roland fatica a capire perché a soli undici anni gli tocchi lasciare le pietre calde e la pazza libertà di Libia, e il fianco tiepido di sua madre, per affrontare un'istruzione rigorosa e solitaria nella fredda Inghilterra. Là faticherà a capire che cosa voglia da lui Miss Miriam Cornell, la temibile insegnante di pianoforte del collegio, che punisce le sue manchevolezze con pizzicotti dolorosi e imbarazzanti e premia i suoi successi con languidi baci sulla bocca, e con gli uni e gli altri in egual misura lo terrorizza e lo attrae. Sarà poi la sua moglie anglotedesca Alissa a confonderlo e straziarlo quando, a pochi mesi dalla nascita del loro bambino Lawrence, abbandonerà marito e figlio al loro destino senza una spiegazione. Roland passerà il resto della vita a interrogarsi su di sé e sulla «natura del danno» che le tre donne - madre, insegnante, moglie - gli hanno procurato. Chi è davvero Roland Baines? Il giovane prodigio del pianoforte il cui straordinario talento è stato frustrato dai soprusi di un'insegnante, o l'indolente pianista di pianobar che ha rinunciato alle sue ambizioni per pavidità? È il figlio di genitori intransigenti ma amorevoli, o il fratello di bambini come lui defraudati dei loro diritti da una madre degenere? È il marito di una donna spietata che immola gli affetti più cari alla sua arte, o è il soffocante groviglio di bisogni che l'ha costretta alla fuga? L'aspirante scrittore amante della grande letteratura, o il ladro di frasi altrui con cui confezionare biglietti per ricorrenze a pagamento? Il padre premuroso e sempre presente, o l'ostaggio imprigionato in una paternità accollata? È il bambino vittima di abusi o il giovane «incline all'intimità» e alla felicità dei sensi? È tutte queste cose insieme, forse, essere poliedrico come il secolo che la sua vita attraversa? Dalla Crisi dei missili di Cuba alla caduta del Muro di Berlino, dalla glasnost al thatcherismo, dall'invasione dell'Iraq alla pandemia da Covid, Roland pare fluttuare da un'esperienza alla successiva a motore spento, sospinto dalla sola forza dei venti. Ma strada facendo qualche lezione la impara, se alla fine di tutto può approdare a una nuova curiosità d'amore, portato dalla mano piccola di una bambina in cui depositare una lunga eredità.
La protagonista de "La Strologa" è Sarah, una giovane donna con la passione della pittura che viene lasciata dal suo compagno dopo una lunga convivenza. Questo abbandono rompe il suo precario equilibrio emotivo e la fa cadere in una profonda depressione. L'incontro casuale con una vecchia signora le fa tornare alla mente la Strologa, una donna legata alla sua infanzia e alla quale, da ragazza, aveva fatto un ritratto. Alla ricerca del quadro la protagonista inizia un cammino verso la consapevolezza di sé. Tra interrogativi, lacrime e dubbi, ripercorre la strada dei dolorosi ricordi infantili. Questo la porterà a riflettere sulla sua famiglia e in particolare su sua madre. Avrà nuove relazioni, riprenderà a dipingere e tornerà sulla tomba dei suoi genitori. Seguendo le tracce della Strologa, misterioso e affascinante personaggio, Sarah si muove tra sogni, visioni e strane coincidenze, in un gioco tra fantasia e realtà che sorprende la stessa protagonista. Con coraggio e sofferenza riuscirà a ricomporre la sua storia e riprendere in mano la sua vita. Un racconto intenso alla fine del quale resta una domanda. Ma chi è veramente la Strologa?
«Tutto ha inizio con due gemelli che una madre disperata è costretta ad affidare alla nonna, lontano da una grande città dove cadono le bombe e manca il cibo. Siamo in un paese dell'Est, ma né l'Ungheria né alcun luogo preciso vengono mai nominati. Un inizio folgorante che ci immette di colpo nel tempo atroce dell'ultima guerra raccontandolo come una metafora. La nonna è una "vecchia strega" sporca, avara e senza cuore e i due gemelli, indivisibili e intercambiabili quasi avessero un'anima sola, sono due piccoli maghi dalla prodigiosa intelligenza. Intorno a loro ruotano personaggi disegnati con pochi tratti scarni su uno sfondo di fame e di morte. Favola nera dove tutto è reso veloce ed essenziale da una scrittura limpida e asciutta che non lascia spazio alle divagazioni. Un avvenimento tira l'altro come se una mano misteriosa e ricca di sensualità li cavasse fuori dal cilindro di un prestigiatore crudele». (Rosetta Loy)
Un noto scrittore e viaggiatore ha deciso di lasciare Parigi. Saluta gli amici, la fidanzata, il lavoro e gli impegni. Per sei mesi andrà a vivere in totale isolamento nelle foreste della Siberia, in una capanna di pochi metri sulle sponde del lago più antico del mondo, a 120 chilometri di distanza dal primo villaggio abitato, senza vicini di casa né strade di accesso. Lo attende una solitudine differente da quella del navigatore o dell'alpinista che attraversano paesaggi e scenari: nei boschi ghiacciati l'uomo sta fermo e viaggia dentro se stesso, e la natura si gode lo spettacolo. Da febbraio a luglio Sylvain Tesson si impone un ritmo preciso. La mattina legge, scrive, fuma, disegna. Seguono cinque lunghe ore dedicate alle faccende domestiche: bisogna tagliare la legna, spalare la neve, preparare le lenze, riparare i danni dell'inverno. La vera sfida di questi sei mesi è scoprire se si riuscirà a resistere. L'ispettore forestale che lo accompagna fin lì è chiaro ed enigmatico allo stesso tempo: "Questo è un posto magnifico per suicidarsi...". La solitudine può anche rivelarsi fertile. Quando non si ha nessuno a cui esporre i propri pensieri la carta diviene preziosa confidente, e il taccuino compagno fedele. I giorni trascorrono mentre si scruta il lago e la foresta, si pesca per la cena o si beve un bicchiere di vodka dopo una passeggiata tra i monti. Una sedia di fronte alla finestra è un punto di osservazione ideale per cogliere il respiro del mondo, l'inverno, l'arrivo della primavera.
"È qualcosa che viene dal passato... Ma c'è un problema: nel passato recente non si trova niente, quello remoto è troppo remoto per scavare". Milano, quasi centro, eppure periferia, "più di seimila appartamenti, famiglie, inquilini legali barricati in casa, abusivi, occupanti regolari, occupanti selvaggi", vecchi poveri, giovani poveri, italiani poveri, immigrati poveri, criminali poveri. Uno di quei posti incredibili, eppure reali, ormai senza rappresentanza politica, dove i piccoli stratagemmi di un welfare fai-da-te sono questione di sopravvivenza. Posti di cui l'informazione parla solo quando si tratta di sicurezza, o razzismo. A pochi chilometri da lì, in una via socialmente distante anni luce, un sessantenne imprenditore molto ricco e dalla vita irreprensibile viene freddato con due colpi di pistola. Una vecchia pistola. E sul corpo, un sasso. Ma "il morto non era uno che di solito muore così". E non sarà l'unica vittima. Per fronteggiare "il ritorno del terrorismo", il ministero manda un drappello di esperti burocrati. Ma la vera squadra d'indagine è clandestina, creata per lavorare sotto traccia e lontano dal clamore mediatico: sono Ghezzi e Carella, due poliziotti diversissimi tra di loro, ma entrambi fedeli più alla verità che all'immagine o alle convenienze. E non sono i soli a indagare su un caso in cui, dall'affascinante vedova agli intrecci d'affari, dalla legge alla giustizia, nulla è ciò che sembra. Carlo Monterossi, l'autore di un affermato programma tivù spazzatura, inciampa per avventura nel «caso dei sassi» mentre si trova a dover recuperare, insieme all'amico detective Oscar Falcone, un preziosissimo anello rubato. Tre storie destinate a incontrarsi in un intreccio dall'ordito perfetto, che resta fino alla fine coperto dal mistero.
A che serve il latino? È la domanda che continuamente sentiamo rivolgerci dai molti per i quali la lingua di Cicerone altro non è che un'ingombrante rovina, da eliminare dai programmi scolastici. In questo libro personale e appassionato, Nicola Gardini risponde che il latino è - molto semplicemente - lo strumento espressivo che è servito e serve a fare di noi quelli che siamo. In latino, un pensatore rigoroso e tragicamente lucido come Lucrezio ha analizzato la materia del mondo; il poeta Properzio ha raccontato l'amore e il sentimento con una vertiginosa varietà di registri; Cesare ha affermato la capacità dell'uomo di modificare la realtà con la disciplina della ragione; in latino è stata composta un'opera come l'Eneide di Virgilio, senza la quale guarderemm o al mondo e alla nostra storia di uomini in modo diverso. Gardini ci trasmette un amore alimentato da una inesausta curiosità intellettuale, e ci incoraggia con affabilità a dialogare con una civiltà che non è mai terminata perché giunge fino a noi, e della quale siamo parte anche quando non lo sappiamo. Grazie a lui, anche senza alcuna conoscenza grammaticale potremo capire come questa lingua sia tuttora in grado di dare un senso alla nostra identità con la forza che solo le cose inutili sanno meravigliosamente esprimere.
A Giverny in Normandia, il villaggio dove ha vissuto e dipinto il grande pittore impressionista Claude Monet, una serie di omicidi rompe la calma della località turistica. L'indagine dell'ispettore Sérénac ci conduce a contatto con tre donne. La prima, Fanette, ha 11 anni ed è appassionata di pittura. La seconda, Stéphanie, è la seducente maestra del villaggio, mentre la terza è una vecchia acida che spia i segreti dei suoi concittadini da una torre. Al centro della storia una passione devastante attorno alla quale girano le tele rubate o perse di Monet (tra le quali le Ninfee nere che l'artista avrebbe dipinto prima di morire). Rubate o perse come le illusioni quando passato e presente si confondono e giovinezza e morte sfidano il tempo. L'intreccio è costruito in modo magistrale e la fine è sorprendente, totalmente imprevedibile. Ogni personaggio è un vero enigma. Un'indagine con un succedersi di colpi di scena, dove sfumano i confini tra realtà e illusione e tra passato e presente. Un romanzo noir che ci porta dentro un labirinto di specchi in cui sta al lettore distinguere il vero dal falso.
Aprile 1999. Mount Pleasant, una tranquilla cittadina del New Hampshire, è sconvolta da un omicidio. Il corpo di una giovane donna, Alaska Sanders, viene trovato in riva a un lago. L'inchiesta è rapidamente chiusa, la polizia ottiene la confessione del colpevole, che si uccide subito dopo, e del suo complice. Undici anni più tardi, però, il caso si riapre. Il sergente Perry Gahalowood, che all'epoca si era occupato delle indagini, riceve un inquietante messaggio anonimo. E se avesse seguito una falsa pista? L'aiuto del suo amico scrittore Marcus Goldman, che ha appena ottenuto un enorme successo con il romanzo "La verità sul caso Harry Quebert", ispirato dalla loro comune esperienza con un altro crimine, sarà ancora una volta fondamentale per scoprire la verità. Ma c'è un mistero nel mistero: la scomparsa del suo mentore Harry Quebert. I fantasmi del passato ritornano e, fra di essi, quello di Harry Quebert.
Un tramonto e un'aurora, un declino e un'affermazione. La fine di Roma assomiglia a due figure che si rispecchiano l'una nell'altra, ora opposte ora strettamente connesse, come lo sono due lottatori che si stringono reciprocamente nel tentativo di sopraffarsi. In questo nuovo, affascinante affresco storico, Corrado Augias ci presenta la Roma cristiana, raccontando le storie di uomini, donne, luoghi e monumenti che caratterizzarono la fine del vecchio mondo, e annunciarono l'inizio e il trionfo di una nuova epoca. All'inizio del IV secolo l'Impero romano contava circa settanta milioni di abitanti, e si stima che meno del dieci per cento della popolazione aderisse alla religione cristiana. Una minoranza, ma in crescita. Adottare dunque quella religione, ammetterla tra le fedi consentite e dichiararsene membro, fu, da parte di Costantino, un gesto di immensa audacia. Dopo aver annientato il penultimo dei suoi concorrenti, Marco Aurelio Valerio Massenzio, nella famosa battaglia di Ponte Milvio, Costantino entrò trionfalmente a Roma percorrendo per l'intera lunghezza la via Lata (attuale via del Corso). Era il 29 ottobre del 312, giorno che può essere scelto come la data ufficiale di passaggio tra mondo antico e mondo cristiano. Ma nei fatti non è proprio cosí. Le date che indicano i grandi passaggi della storia umana sono sempre convenzionali. È difficile dire da quanto tempo quei nuovi modi di sentire e di vivere avessero realmente avuto inizio, quali e quanti fattori li avessero determinati e quali altri provocarono invece il declino e la scomparsa di riti, simboli, credenze, costumi sui quali milioni di individui avevano basato la propria esistenza. Resta che nel 324, diventato imperatore unico Costantino, la religione cristiana aveva assunto un'importanza e una dimensione mondiali e che sul finire del secolo l'imperatore Teodosio, detto il Grande, con il suo Editto di Tessalonica, la rendeva unica e obbligatoria. Era solo un primo passo; sarebbe stato via via completato proibendo culto e sacrifici pagani con la minaccia di punizioni severissime, compresa la pena di morte. In pochi anni i cristiani si erano trasformati da perseguitati in persecutori, e il mondo si apprestava a conoscere una nuova fase della sua storia. Tra sapere e meraviglia, Corrado Augias ci guida sui luoghi che furono protagonisti della rivoluzione cristiana, svelando monumenti e rovine che continuano a dare potente testimonianza della fine di un mondo. Ne risulta un'avventura affascinante - e un modo nuovo di vedere Roma - che dà alle pagine l'incanto che sempre deriva dal piacere della scoperta.
Nella cameretta di Samantha spicca appeso al muro il poster di una donna lupo, «capelli lunghi, occhi gialli, un corpo da mozzare il fiato, gli artigli al posto delle unghie», una donna che non si arrende davanti a nulla e sa difendersi e tirare fuori i denti. Samantha invece, a 17 anni, ha raccolto nella vita solo tristezze e non ha un futuro davanti a sé. Non è solo la povertà della famiglia; è che la gente come lei non ha più un posto che possa chiamare suo nell'ordine dell'universo. Lo stesso vale per tutti gli abitanti di Colle San Martino: vite a perdere, individui che, pur gomito a gomito, trascinano le loro esistenze in solitudine totale, ognuno con i suoi sordidi segreti, senza mai un momento di vita collettiva, senza niente che sia una cosa comune. Sul paese dominano, rispettivamente dall'alto del palazzo padronale e dal campanile della chiesa, Cicci Bellè, «proprietario di tutto», e un prete reazionario, padre Graziano. I due si odiano e si combattono; opprimono e sfruttano, impongono ricatti e condizionamenti. Cicci Bellè prova un solo affetto, per il figlio Mariuccio, un ragazzone di 32 anni con il cervello di un bambino di 5; padre Graziano porta sempre con sé il nipote Faustino, bambino viziato, accudito da una russa silenziosa, Ljuba. Samantha non ha conforto nel ragazzo con cui è fidanzata, nemmeno nei conformisti compagni di scuola; riesce a comunicare solo con l'amica Nadia. Tra squallide vicende che si intrecciano dentro le mura delle case, le sfide dei due prepotenti e i capricci di un destino tragico prima abbattono la protagonista, dopo le permettono di vendicarsi della sua vita con un colpo spregiudicato, proprio come una vera donna lupo; un incidente, un grave lutto, un atto di follia, sono le ironie della vita di cui la piccola Samantha riesce ad approfittare. La penna di Antonio Manzini, che ha descritto un personaggio scolpito nella memoria dei lettori come Rocco Schiavone, raffigura individui e storie di vivido e impietoso realismo in un noir senza delitto, un romanzo di una ragazza sola e insieme il racconto corale di un piccolo paese. Una specie di lieto fine trasforma tutto in una fiaba acida. Ma dietro quest'apparenza, il ghigno finale della donna lupo fa capire che La mala erba è anche altro: è un romanzo sul cupio dissolvi di due uomini prepotenti, sulla vendetta che non ripristina giustizia, sul ciclo inesorabile e ripetitivo dell'oppressione di una provincia emarginata che non è altro che l'immensa, isolata provincia in cui tutti viviamo.
La lingua batte dove il dente duole, e il dente che duole alla fin fine è sempre lo stesso. L'unica rivoluzione possibile è smettere di piangerci su. In questo romanzo esilarante e feroce, Veronica Raimo apre una strada nuova. Racconta del sesso, dei legami, delle perdite, del diventare grandi, e nella sua voce buffa, caustica, disincantata esplode il ritratto finalmente sincero e libero di una giovane donna di oggi. "Niente di vero" è la scommessa riuscita, rarissima, di curare le ferite ridendo. «All'inizio c'è la famiglia. Veronica Raimo racconta che, specialmente se si è figlie, quell'inizio combacia con la fine» (Domenico Starnone). «Leggere questo romanzo è una festa. Ma molte pagine sono ferite da medusa: bruciano alla distanza» (Claudia Durastanti). Prendete lo spirito dissacrante che trasforma nevrosi, sesso e disastri famigliari in commedia, da Fleabag al Lamento di Portnoy, aggiungete l'uso spietato che Annie Ernaux fa dei ricordi: avrete la voce di una scrittrice che in Italia ancora non c'era. Veronica Raimo sabota dall'interno il romanzo di formazione. Il suo racconto procede in modo libero, seminando sassolini indimenticabili sulla strada. All'origine ci sono una madre onnipresente che riconosce come unico principio morale la propria ansia; un padre pieno di ossessioni igieniche e architettoniche che condanna i figli a fare presto i conti con la noia; un fratello genio precoce, centro di tutte le attenzioni. Circondata da questa congrega di famigliari difettosi, Veronica scopre l'impostura per inventare se stessa. Se la memoria è una sabotatrice sopraffina e la scrittura, come il ricordo, rischia di falsare allegramente la tua identità, allora il comico è una precisa scelta letteraria, il grimaldello per aprire all'indicibile. In questa storia all'apparenza intima, c'è il racconto precisissimo di certi cortocircuiti emotivi, di quell'energia paralizzante che può essere la famiglia, dell'impresa sempre incerta che è il diventare donna. Con una prosa nervosa, pungente, dall'intelligenza sempre inquieta, Veronica Raimo ci regala un monologo ustionante. «Veronica Raimo è l'unica che mi ha fatto ridere ad alta voce con un testo scritto in prosa da quando ero adolescente» (Zerocalcare).
«Non lo so se l'idea che i buchi neri finiscano la loro lunga vita trasformandosi in buchi bianchi sia giusta. È il fenomeno che ho studiato in questi ultimi anni. Coinvolge la natura quantistica del tempo e dello spazio, la coesistenza di prospettive diverse, e la ragione della differenza fra passato e futuro. Esplorare questa idea è un'avventura ancora in corso. Ve la racconto come in un bollettino dal fronte. Cosa sono esattamente i buchi neri, che pullulano nell'universo. Cosa sono i buchi bianchi, i loro elusivi fratelli minori. E le domande che mi inseguono da sempre: come facciamo a capire quello che non abbiamo mai visto? Perché vogliamo sempre andare a vedere un po' più in là...?» (l'autore)
"Il mondo là fuori, con il suo rumore e il suo caos, proverà sempre a entrarti dentro. Arriveranno pensieri nuovi, difficili da affrontare. Non affrontarli, allora. Torna all'origine: calma la mente. Sdraiati su un prato e guarda lassù. Tu non sei le nuvole, che vanno e vengono e sono sempre in movimento. Tu sei il cielo. E il cielo è leggero proprio perché non trattiene niente. Il cielo è saggio. Sa lasciare andare ciò che lo attraversa. Se vuoi essere sereno come un buddha, non essere una nuvola. Sii il cielo. Il buddhismo è stato la mia guarigione. Mi ha mostrato che la vita è tutta una questione di punti di vista: a seconda di come la guardi, la tua esistenza può essere bella o brutta, giusta o sbagliata, fortunata o sfortunata. Prima di volerla cambiare, dobbiamo essere noi a guardarla con occhi diversi, più consapevoli. Dobbiamo essere noi a cambiare. È stato proprio attraverso questo processo che il buddhismo mi ha aiutato a trasformare il periodo più difficile della mia vita in una inaspettata e miracolosa rinascita. Il mio augurio è che anche tu, ovunque stia leggendo queste parole, possa trovare tra queste pagine l'ispirazione e i metodi per diventare la persona che meriti di essere. Saggia, innanzitutto. E poi compassionevole, presente, calma, positiva, gentile. Libera dalla sofferenza. Felice, finalmente." In "Profondo come il mare, leggero come il cielo", Gianluca Gotto condivide gli incontri, le esperienze e i tanti insegnamenti che lo hanno salvato nel momento più buio della sua vita. Un libro intimo e generoso, pieno della saggezza millenaria - ma quanto mai attuale - del Buddha e di consigli pratici per trasformare la sofferenza in un terreno fertile in cui la felicità possa mettere radici.
Figlio del capitano Robert Baines, autoritario veterano della Seconda guerra mondiale ora di stanza in Nord Africa, e di sua moglie Rosalind, Roland fatica a capire perché a soli undici anni gli tocchi lasciare le pietre calde e la pazza libertà di Libia, e il fianco tiepido di sua madre, per affrontare un'istruzione rigorosa e solitaria nella fredda Inghilterra. Là faticherà a capire che cosa voglia da lui Miss Miriam Cornell, la temibile insegnante di pianoforte del collegio, che punisce le sue manchevolezze con pizzicotti dolorosi e imbarazzanti e premia i suoi successi con languidi baci sulla bocca, e con gli uni e gli altri in egual misura lo terrorizza e lo attrae. Sarà poi la sua moglie anglotedesca Alissa a confonderlo e straziarlo quando, a pochi mesi dalla nascita del loro bambino Lawrence, abbandonerà marito e figlio al loro destino senza una spiegazione. Roland passerà il resto della vita a interrogarsi su di sé e sulla «natura del danno» che le tre donne - madre, insegnante, moglie - gli hanno procurato. Chi è davvero Roland Baines? Il giovane prodigio del pianoforte il cui straordinario talento è stato frustrato dai soprusi di un'insegnante, o l'indolente pianista di pianobar che ha rinunciato alle sue ambizioni per pavidità? È il figlio di genitori intransigenti ma amorevoli, o il fratello di bambini come lui defraudati dei loro diritti da una madre degenere? È il marito di una donna spietata che immola gli affetti più cari alla sua arte, o è il soffocante groviglio di bisogni che l'ha costretta alla fuga? L'aspirante scrittore amante della grande letteratura, o il ladro di frasi altrui con cui confezionare biglietti per ricorrenze a pagamento? Il padre premuroso e sempre presente, o l'ostaggio imprigionato in una paternità accollata? È il bambino vittima di abusi o il giovane «incline all'intimità» e alla felicità dei sensi? È tutte queste cose insieme, forse, essere poliedrico come il secolo che la sua vita attraversa? Dalla Crisi dei missili di Cuba alla caduta del Muro di Berlino, dalla glasnost al thatcherismo, dall'invasione dell'Iraq alla pandemia da Covid, Roland pare fluttuare da un'esperienza alla successiva a motore spento, sospinto dalla sola forza dei venti. Ma strada facendo qualche lezione la impara, se alla fine di tutto può approdare a una nuova curiosità d'amore, portato dalla mano piccola di una bambina in cui depositare una lunga eredità.
Salento, giugno 1934. A Lizzanello, un paesino di poche migliaia di anime, una corriera si ferma nella piazza principale. Ne scende una coppia: lui, Carlo, è un figlio del Sud, ed è felice di essere tornato a casa; lei, Anna, sua moglie, è bella come una statua greca, ma triste e preoccupata: quale vita la attende in quella terra sconosciuta? Persino a trent'anni da quel giorno, Anna rimarrà per tutti «la forestiera», quella venuta dal Nord, quella diversa, che non va in chiesa, che dice sempre quello che pensa. E Anna, fiera e spigolosa, non si piegherà mai alle leggi non scritte che imprigionano le donne del Sud. Ci riuscirà anche grazie all'amore che la lega al marito, un amore la cui forza sarà dolorosamente chiara al fratello maggiore di Carlo, Antonio, che si è innamorato di Anna nell'istante in cui l'ha vista. Poi, nel 1935, Anna fa qualcosa di davvero rivoluzionario: si presenta a un concorso delle Poste, lo vince e diventa la prima portalettere di Lizzanello. La notizia fa storcere il naso alle donne e suscita risatine di scherno negli uomini. «Non durerà», maligna qualcuno. E invece, per oltre vent'anni, Anna diventerà il filo invisibile che unisce gli abitanti del paese. Prima a piedi e poi in bicicletta, consegnerà le lettere dei ragazzi al fronte, le cartoline degli emigranti, le missive degli amanti segreti. Senza volerlo - ma soprattutto senza che il paese lo voglia - la portalettere cambierà molte cose, a Lizzanello. Quella di Anna è la storia di una donna che ha voluto vivere la propria vita senza condizionamenti, ma è anche la storia della famiglia Greco e di Lizzanello, dagli anni '30 fino agli anni '50, passando per una guerra mondiale e per le istanze femministe. Ed è la storia di due fratelli inseparabili, destinati ad amare la stessa donna.
Scandito in tre parti - «Le vittime», «Gli imputati», «La corte» -, V13 raccoglie, rielaborati e accresciuti, gli articoli (apparsi a cadenza settimanale sui principali quotidiani europei) in cui Emmanuel Carrère ha riferito le udienze del processo ai complici e all'unico sopravvissuto fra gli autori degli attentati terroristici avvenuti a Parigi il 13 novembre 2015 - attentati che, tra il Bataclan, lo Stade de France e i bistrot presi di mira, hanno causato centotrenta morti e oltre trecentocinquanta feriti. Ogni mattina, per quasi dieci mesi, Carrère si è seduto nell'enorme «scatola di legno bianco» fatta costruire appositamente e ha ascoltato il resoconto di quelle «esperienze estreme di morte e di vita» - le testimonianze atroci di chi ha perduto una persona cara o è scampato alla carneficina strisciando in mezzo ai cadaveri, i silenzi e i balbettii degli imputati, le parole dei magistrati e degli avvocati -, e lo ha raccontato, come solo lui sa fare, senza mai scivolare nell'enfasi o nel patetismo, e riuscendo a cogliere non solo l'umanità degli uni e degli altri (sconvolgente, ammirevole o abietta che fosse), ma anche, talvolta, la quasi insostenibile ironia dei discorsi e delle situazioni. Da questo viaggio al termine dell'orrore e della pietà, da questo groviglio di ferocia, di fanatismo, di follia e di sofferenza, Carrère sa, fin dal primo giorno, che uscirà cambiato - così come uscirà cambiato, dalla lettura del suo libro, ciascuno di noi.
Davanti alla fine, siamo tutti principianti: e siccome l'arte del distacco non la possiamo imparare, tanto vale affezionarsi a questa Signora acquattata nell'armadio, cercando le parole per farcela un po' amica. Ognuno procede a modo suo, ci mancherebbe, ma qui c'è un piccolo prontuario portatile: una cassetta degli attrezzi fatta di poesia, paura, favole, silenzio, coraggio, lacrime, sorrisi: «mille pozioni per uccidere la notte». Paolo Milone accende il buio con le sue folgorazioni, e ha l'avventatezza di farlo persino con leggerezza. Perché non possiamo sapere quale, ma di queste strade, una sarà la nostra. «Esistere nel corpo è una cosa bellissima. Non ci sono altri posti per essere noi stessi». La morte è l'unica certezza che abbiamo nella vita, ma noi allontaniamo il pensiero ogni giorno, con pervicace distrazione. Eppure basterebbe fermarsi un istante... Ecco perché è fatto di istanti, questo libro inaspettato. Di quegli attimi preziosi in cui esitiamo in cerca di una strada, e all'improvviso ci accorgiamo che la vita e la morte fanno gli stessi scherzi, perché semplicemente sono un'unica cosa. In fondo cosa c'è, dopo la morte? C'è un paese dove non siamo mai andati: «Per me, per esempio, la Norvegia». Di ciò di cui non si può parlare, non bisogna tacere. È stato Paolo Milone a dimostrarcelo, conquistando il cuore di tanti lettori con "L'arte di legare le persone". E ora, con la stessa sensibilità e col medesimo ardire, affronta un'arte persino più difficile. Incredibilmente finisce per confortarci anche questa volta, rendendo vivo e vicino ciò che tanto ci affanniamo a tenere lontano. Il distacco in fondo è una mano tesa, un gioco che non conosciamo ancora, uno spasimante per cui ci facciamo belli tutta la vita.
Tra colline di pietra bianca, tornanti, e paesi arroccati, Pietro Borzacchi sta viaggiando con il figlio Jacopo. D'un tratto la frizione della sua vecchia Golf lo abbandona, nel momento peggiore: di venerdì pomeriggio, in mezzo al nulla. Per fortuna padre e figlio incontrano Oliviero, un meccanico alla guida del suo carro attrezzi che accetta di scortarli fino al paese più vicino, Sant'Anna del Sannio. Quando Jacopo scende dall'auto è evidente che qualcosa in lui non va: lo sguardo vuoto, il passo dondolante, la mano sinistra che continua a sfregare la gamba dei pantaloni, avanti e indietro. In attesa che Oliviero ripari l'auto, padre e figlio trovano ospitalità da Agata, proprietaria di un bar che una volta era anche pensione, è proprio in una delle vecchie stanze che si sistemano. Sant'Anna del Sannio, poche centinaia di anime, è un paese bellissimo in cui il tempo sembra essersi fermato, senza futuro apparente, come tanti piccoli centri della provincia italiana. Ad aiutare Agata nel bar c'è Gaia, il cui sorriso è perfetta sintesi del suo nome. Sarà proprio lei, Gaia, a infrangere con la sua spontaneità ogni apparenza. Perché Pietro è un uomo che vive all'inferno. "I genitori dei figli sani non sanno niente, non sanno che la normalità è una lotteria, e la malattia di un figlio, tanto più se hai un solo reddito, diventa una maledizione." Ma la povertà non è la cosa peggiore. Pietro lotta ogni giorno contro un nemico che si porta all'altezza del cuore. Il disamore. Per tutto. Un disamore che sfocia spesso in una rabbia nera, cieca. Il dolore di Pietro, però, si troverà di fronte qualcosa di nuovo e inaspettato. Agata, Gaia e Oliviero sono l'umanità che ancora resiste, fatta il più delle volte di un eroismo semplice quanto inconsapevole. Con "Fame d'aria", Daniele Mencarelli fa i conti con uno dei sentimenti più intensi: l'amore genitoriale, e lo fa portandoci per mano dentro quel sottilissimo solco in cui convivono, da sempre, tragedia e rinascita.
Un noto scrittore e viaggiatore ha deciso di lasciare Parigi. Saluta gli amici, la fidanzata, il lavoro e gli impegni. Per sei mesi andrà a vivere in totale isolamento nelle foreste della Siberia, in una capanna di pochi metri sulle sponde del lago più antico del mondo, a 120 chilometri di distanza dal primo villaggio abitato, senza vicini di casa né strade di accesso. Lo attende una solitudine differente da quella del navigatore o dell'alpinista che attraversano paesaggi e scenari: nei boschi ghiacciati l'uomo sta fermo e viaggia dentro se stesso, e la natura si gode lo spettacolo. Da febbraio a luglio Sylvain Tesson si impone un ritmo preciso. La mattina legge, scrive, fuma, disegna. Seguono cinque lunghe ore dedicate alle faccende domestiche: bisogna tagliare la legna, spalare la neve, preparare le lenze, riparare i danni dell'inverno. La vera sfida di questi sei mesi è scoprire se si riuscirà a resistere. L'ispettore forestale che lo accompagna fin lì è chiaro ed enigmatico allo stesso tempo: "Questo è un posto magnifico per suicidarsi...". La solitudine può anche rivelarsi fertile. Quando non si ha nessuno a cui esporre i propri pensieri la carta diviene preziosa confidente, e il taccuino compagno fedele. I giorni trascorrono mentre si scruta il lago e la foresta, si pesca per la cena o si beve un bicchiere di vodka dopo una passeggiata tra i monti. Una sedia di fronte alla finestra è un punto di osservazione ideale per cogliere il respiro del mondo, l'inverno, l'arrivo della primavera.
"È qualcosa che viene dal passato... Ma c'è un problema: nel passato recente non si trova niente, quello remoto è troppo remoto per scavare". Milano, quasi centro, eppure periferia, "più di seimila appartamenti, famiglie, inquilini legali barricati in casa, abusivi, occupanti regolari, occupanti selvaggi", vecchi poveri, giovani poveri, italiani poveri, immigrati poveri, criminali poveri. Uno di quei posti incredibili, eppure reali, ormai senza rappresentanza politica, dove i piccoli stratagemmi di un welfare fai-da-te sono questione di sopravvivenza. Posti di cui l'informazione parla solo quando si tratta di sicurezza, o razzismo. A pochi chilometri da lì, in una via socialmente distante anni luce, un sessantenne imprenditore molto ricco e dalla vita irreprensibile viene freddato con due colpi di pistola. Una vecchia pistola. E sul corpo, un sasso. Ma "il morto non era uno che di solito muore così". E non sarà l'unica vittima. Per fronteggiare "il ritorno del terrorismo", il ministero manda un drappello di esperti burocrati. Ma la vera squadra d'indagine è clandestina, creata per lavorare sotto traccia e lontano dal clamore mediatico: sono Ghezzi e Carella, due poliziotti diversissimi tra di loro, ma entrambi fedeli più alla verità che all'immagine o alle convenienze. E non sono i soli a indagare su un caso in cui, dall'affascinante vedova agli intrecci d'affari, dalla legge alla giustizia, nulla è ciò che sembra. Carlo Monterossi, l'autore di un affermato programma tivù spazzatura, inciampa per avventura nel «caso dei sassi» mentre si trova a dover recuperare, insieme all'amico detective Oscar Falcone, un preziosissimo anello rubato. Tre storie destinate a incontrarsi in un intreccio dall'ordito perfetto, che resta fino alla fine coperto dal mistero.
A che serve il latino? È la domanda che continuamente sentiamo rivolgerci dai molti per i quali la lingua di Cicerone altro non è che un'ingombrante rovina, da eliminare dai programmi scolastici. In questo libro personale e appassionato, Nicola Gardini risponde che il latino è - molto semplicemente - lo strumento espressivo che è servito e serve a fare di noi quelli che siamo. In latino, un pensatore rigoroso e tragicamente lucido come Lucrezio ha analizzato la materia del mondo; il poeta Properzio ha raccontato l'amore e il sentimento con una vertiginosa varietà di registri; Cesare ha affermato la capacità dell'uomo di modificare la realtà con la disciplina della ragione; in latino è stata composta un'opera come l'Eneide di Virgilio, senza la quale guarderemm o al mondo e alla nostra storia di uomini in modo diverso. Gardini ci trasmette un amore alimentato da una inesausta curiosità intellettuale, e ci incoraggia con affabilità a dialogare con una civiltà che non è mai terminata perché giunge fino a noi, e della quale siamo parte anche quando non lo sappiamo. Grazie a lui, anche senza alcuna conoscenza grammaticale potremo capire come questa lingua sia tuttora in grado di dare un senso alla nostra identità con la forza che solo le cose inutili sanno meravigliosamente esprimere.
A Giverny in Normandia, il villaggio dove ha vissuto e dipinto il grande pittore impressionista Claude Monet, una serie di omicidi rompe la calma della località turistica. L'indagine dell'ispettore Sérénac ci conduce a contatto con tre donne. La prima, Fanette, ha 11 anni ed è appassionata di pittura. La seconda, Stéphanie, è la seducente maestra del villaggio, mentre la terza è una vecchia acida che spia i segreti dei suoi concittadini da una torre. Al centro della storia una passione devastante attorno alla quale girano le tele rubate o perse di Monet (tra le quali le Ninfee nere che l'artista avrebbe dipinto prima di morire). Rubate o perse come le illusioni quando passato e presente si confondono e giovinezza e morte sfidano il tempo. L'intreccio è costruito in modo magistrale e la fine è sorprendente, totalmente imprevedibile. Ogni personaggio è un vero enigma. Un'indagine con un succedersi di colpi di scena, dove sfumano i confini tra realtà e illusione e tra passato e presente. Un romanzo noir che ci porta dentro un labirinto di specchi in cui sta al lettore distinguere il vero dal falso.
«Non lo so se l'idea che i buchi neri finiscano la loro lunga vita trasformandosi in buchi bianchi sia giusta. È il fenomeno che ho studiato in questi ultimi anni. Coinvolge la natura quantistica del tempo e dello spazio, la coesistenza di prospettive diverse, e la ragione della differenza fra passato e futuro. Esplorare questa idea è un'avventura ancora in corso. Ve la racconto come in un bollettino dal fronte. Cosa sono esattamente i buchi neri, che pullulano nell'universo. Cosa sono i buchi bianchi, i loro elusivi fratelli minori. E le domande che mi inseguono da sempre: come facciamo a capire quello che non abbiamo mai visto? Perché vogliamo sempre andare a vedere un po' più in là...?» (l'autore)